Crescere, viaggiando

Ognuno di noi nella vita, prima o poi, compie un’esperienza di viaggio. Si viaggia per lavoro, per divertimento o per cercare un po’ di relax, per seguire i propri sogni o le proprie passioni o, ancora, per semplice curiosità nei confronti del mondo. Oppure, purtroppo, si viaggia perché si è costretti a scappare dalle difficoltà dal proprio paese.

Quando si viaggia, tutto contribuisce alla crescita di chi parte. Non importa dove si vada, con chi e per quanto tempo. Ogni singola partenza significa un cambiamento nel viaggiatore. A partire dall’ansia dei preparativi, che coglie più o meno tutti nei giorni precedenti all’inizio dell’avventura. Cosa portarsi, cosa può servire e cosa, invece, potrebbe solo distrarre dalle mille opportunità che ci aspettano fuori dalla porta di casa?

In questa prima fase del viaggio si deve imparare la previdenza, ma anche l’essenzialità. Ci si sofferma su quella routine che verrà spezzata, ma anche sulle novità che ci aspettano.

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Quando i bagagli sono pronti, si può partire. Non importa quale mezzo di trasporto si userà, perché qualunque esso sia il viaggiatore dovrà affidarsi a qualcuno nel tragitto o, in alcuni casi, avrà lui stesso la responsabilità del cammino di altri. Insomma, si condivide con qualcun altro il viaggio, ci si scambiano le aspettative e le emozioni su ciò che si andrà a vivere. Inoltre si impara a trovare un buon equilibrio tra fiducia e responsabilità.

L’arrivo è il momento in cui ci si gode il risultato delle fatiche vissute. C’è una fase di adattamento, si scopre che non si è soli nel mondo, che esistono altri modi di pensare (non solo di parlare), e che se si cambia prospettiva anche le cose “normali” assumono valori diversi.

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Non bisogna però cadere nel tranello delle pubblicità dei grandi hotel di lusso, dove tutto sembra perfetto, dimenticandoci di due punti fondamentali.

Il primo è che non esiste la perfezione e difficilmente (anche se siamo in vacanza) sarà tutto perfetto. Potrebbe non piacerci un tipo di cibo, potrebbero rubarci il portafoglio o potrebbe andare male l’affare per il quale ci siamo spostati (se viaggiamo per lavoro). Perciò, prendiamo tutto ciò che di bello ci circonda, mantenendo comunque i piedi per terra.

In secondo luogo, sicuramente qualche aspetto del luogo dove siamo arrivati potrà essere stato “esportato” anche a casa nostra, ma altri sono specifici della cultura, del popolo o del contesto nei quali ci immergiamo. Non è detto che ogni cosa vada bene per tutti e ovunque.

Infine, il momento del ritorno ci insegna a lasciar andare le cose e le persone, racchiudendole però nel cuore. Come si mostra ai bambini, se si vuole tenere la sabbia in mano non si deve stringere il pugno, perché scivolerebbe via in pochi secondi, mentre se la si tiene sul palmo della mano ben aperto, allora non la si perde.

Quando si viaggia si hanno poche certezze, ma una cosa è certamente vera: per qualsiasi motivo si sia intrapreso il viaggio, quando si torna a casa, si è sempre un po’ diversi da come si era prima di fare le valigie.

Scrittori di classe, Viaggi
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giovedì 21 Novembre 2024