Ci sono due fatti. Il primo è che Francesco Filippi è uscito con un nuovo saggio, Ma perché siamo ancora fascisti? (Bollati Boringhieri, 2020). Il secondo è che ha un talento eccezionale per scrivere libri fichi. Fichi sì, hai letto bene. Ma perché è uno di quei libri che tieni nello zainetto come una sorta d’amico-spalla pret à porter, la spada di Godric Grifondoro che compare nel momento del bisogno. Ma in un sistema che ci chiede di essere più veloci, più sintetici, stai nei 15 secondi, non superare i 280 caratteri, il supporto-libro non rischia di essere autoreferenziale?
Francesco mi chiede di pensare alla pagina social di una qualsiasi testata online, dove nella fattispecie le interazioni sociali degenerano in sei nazista, taci in “6 o 7 scambi”. «All’interno di queste zuffe ci sono 3 protagonisti. C’è il protagonista numero 1, che ha problemi di ego. C’è il protagonista numero 2 che ha altrettanti problemi di ego e loro due si azzuffano. Il terzo protagonista sono le centinaia di persone che assistono silenti a questa zuffa. Per i primi il mio libro non serve a nulla», perché è al terzo protagonista che si rivolge. «Questo condiziona moltissimo il mio modo di scrivere i libri: devono essere semplici, veloci e avere una caratteristica, che è quella di farsi leggere». Un approfondimento che, tornando a quelli che non s’azzuffano, «sarà utile anche alla querelle social» ma «con una consapevolezza maggiore». Momento aneddoto: «Una delle prime volte che ho presentato l’altro libro – Mussolini ha fatto anche cose buone – ero in una scuola superiore di Nichelino. Ho chiesto alla classe se era valida l’idea di usare un libro. Mi ha risposto uno con dei pantaloni a quadretti (quindi già di per sé coraggioso) che sì, “perché i social sono veloci ma un libro resta”. Quella del libro che resta è l’idea rivoluzionaria di costruire una lentezza sulla velocità».
Scrivi che le donne del cinema rosselliniano sono “efficaci protagoniste in una guerra che le ha viste per lo più vittime”. Lo sono anche del racconto storiografico? Voglio dire, Margherita Sarfatti non si nomina mai, è per il fatto di non essere morta ammazzata?
«La sfortuna di MS è quella di esser stata una conquista rifiutata del duce. All’interno della retorica machista che è puramente fascista, una figura come quella della Sarfatti non s’attagliava all’idea di un duce erotomane. Le donne del fascismo sono i due apici delle compagne del duce: Rachele la moglie iper cornificata che sta a casa a fare la calzetta e Claretta, la donna trofeo-da-mostrare. Negli anni ’30 il fascismo chiarì brutalmente alle donne quale fosse il loro posto nella società. La ferita più difficile da rimarginare di quel tipo di narrazione è che non solo ha convinto – e convince tuttora – gli uomini che le donne siano inferiori, ma ha portato molte donne a pensare lo stesso».
Dici che non temi il ritorno delle camicie nere, Ma perché cosa chiederemo a un ipotetico Francesco Filippi del futuro?
E qui fan di Black Mirror tenetevi duro, perché Francesco cala il carico da novanta. La prossima dittatura infatti «non sarà violenta ma addormentante, ti convincerà che votare è inutile, che la partecipazione attiva e sociale è superflua, ti chiuderà nel tuo bozzolo nutrendoti di contenuti online sempre più disparati e confusi» per farti candidamente ammettere che non puoi cambiare le cose. Una dittatura perfetta «perché non ci sarà nemmeno bisogno di far scendere l’esercito nelle strade».
É un processo che è già cominciato?
«Dal mio punto di vista questi valori sono già in gioco, per questo c’è sempre più la necessità di chiarire che noi possiamo agire nel mondo. Ma perché siamo ancora fascisti? vuol essere un modo per dire stiamo attenti, perché il modo in cui si raccontano le cose è fondamentale per la loro comprensione. Non sarebbe la prima volta che una retorica ben azzeccata ci porta contro i nostri stessi interessi».
(*Momento out of record, il che non mi esime dal continuare a scrivere ma Francesco ha l’orecchio lesto e mi sgama subito*)
mercoledì 30 Ottobre 2024
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