Nell’ambito del ciclo di incontri formativi del Contest di Giornalismo Partecipativo – Tempora Onlus 2020 è stato ospite Gennaro Carotenuto, ordinario di storia contemporanea presso l’Università di Macerata, che ha ripercorso le tappe del controllo dis-informativo da parte dei vertici di stampa in accordo (o disaccordo) a quelli politici, sino all’influenza che questo rapporto ha esercitato sulle ultime elezioni presidenziali in Bolivia.
Le sue considerazioni muovono da una premessa storica, necessaria per comprendere le dinamiche contemporanee: l’idea che il potere potesse e dovesse controllare la comunicazione per veicolare il consenso, in una direzione o nell’altra, si è affermata ben prima dell’avvento del digitale. Concetti in apparenza giovani come quelli di “comunicazione di massa” e “censura”, erano infatti già stati adottati negli ambienti ecclesiali del primo Cinquecento. Ma è a partire dalla metà del XIX secolo, con la nascita delle agenzie di stampa, che viene avvertita la necessità di educare la crescente pluralità editoriale nel senso di una generale armonizzazione del flusso di notizie, indipendentemente dalla connotazione politica, sociale, culturale, delle diverse testate. Se da un lato questo processo ha portato a una sistematica uniformità del sistema informativo, dall’altro il mercato (più orientato alla produzione di utile, che non a tutelare il democratico accesso alle notizie) ha fatto il resto, consegnando lo scettro della comunicazione a sempre meno voci, sempre più simili.
Naturalmente a minor numero di “portavoce” corrisponde maggior potere di orientare l’opinione pubblica. È in tal senso che il professore intende spiegare il caso boliviano, inserito nel più ampio panorama politico latinoamericano. L’approssimarsi del nuovo millennio ha visto consacrarsi il successo dei governi di centrosinistra, i quali si trovarono subito a dover affrontare un sistema mediatico “completamente privatistico” e di stampo prettamente conservatore, che non gradiva lo slancio progressista di questa nuova ondata politica, guardando ad una possibile riforma mediatica come a un’imposizione di regime.
Secondo Carotenuto, è all’opera denigratoria di questi gruppi di opposizione (senza dimenticare il ruolo “amplificatore” dell’Organizzazione degli Stati Americani) che si deve la sostanziale assimilazione mediatica (e dunque popolare) dell’accusa di brogli mossa contro Evo Morales, candidato del partito socialista in Bolivia. Tutto ciò, sostiene, senza che vi fosse alcuna prova delle presunte irregolarità. Evo Morales è stato mandato al confino, le presidenziali rinviate e il governo affidato a Jeanine Anes, in rappresentanza di un centrodestra che alle generali di ottobre non aveva raccolto che il 4% dei consensi.
Alla luce di tutto ciò, viene da chiedersi chi sia il padrone delle nostre verità: se siamo quello che leggiamo, quello che leggiamo chi è?
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mercoledì 30 Ottobre 2024