Una notizia ANSA del 27 maggio 2013 titola «Italia: record madri over35 in Ue». Il 34,5% delle neomamme italiane supera i 35 anni d’età (European Perinatal Health Report, 2010).
La comparazione del dato tra i Paesi europei posiziona l’Italia al primo posto: risuona un immaginario inno nazionale in sottofondo, ma non segue la cerimonia di stappo dello spumante.
Vecchie madri fanno buon brodo? Non so, ma non credo sia un caso che nei Paesi dove gli infanti vantano giovani madri lavoratrici, ci siano servizi pubblici considerati un modello (vedi Slovenia con solo 12,6% over35). Mi duole anche ricordare, secondo dati ISTAT 2011, che solo 11,8% del totale dei bambini italiani da 0 a 2 anni ha accesso a un nido pubblico.
Nella Patria de Ogni scarrafone è bello a mamma sua e Mamma solo per te la mia canzone vola, fare figli era un piacere. Come ci insegna anche Sophia in Ieri, oggi e domani (di De Sica, 1963), avere molti bambini non era un problema: c’era un intero quartiere come asilo e dormivano tutti nello stesso stanzone.
Oggi, invece, prima di montare la culla è meglio fare qualche anno di lavoro under35 e avere sotto il materasso un buon gruzzoletto per pagare il nido privato.
Nel mondo che vorrei, alla delicata domanda genitoriale «la creatura dove la lasciamo?» subentrerebbe la risposta «ci auto-organizziamo!».
Nel mondo che vorrei ci sarebbero più crèche parentale: modello francese di cooperative di genitori per gestire una struttura di accoglienza infanzia (dopo debita formazione auto-finanziata) per bebè dai 3 mesi ai 4 anni.
Nel mondo che vorrei, la soluzione alle istanze comuni non si chiederebbe, ma si creerebbe insieme.
Nell’attesa del mondo che vorrei, per rallentare l’estinzione delle “mamme under35”, mi informo e mi metto a disposizione per “babysitteraggio” volontario (se non altro per dare il buon esempio).
mercoledì 30 Ottobre 2024
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