Il Tibet tocca più Province cinesi: la Regione Autonoma – con capoluogo Lasha –, la Provincia dello Sichuan, dello Qinghai e dello Yunnan.
È dallo Yunnan, esattamente dal piccolo villaggio di Shu Song a cinquanta chilometri a Nord di Shanrgrilà, che vi narro di due posti incantevoli: il tempio Dongzhulin – in cinese foresta di bamboo – e il monastero Tampas – in tibetano lo stadio dell’illuminazione successivo al Samsara –. Il primo è yang nella sua essenza, è maschile, popolato da cinquecento monaci tibetani, il secondo invece è yin, animato da cento e uno monache buddiste appartenenti alla scuola dei berretti gialli (quella del Dalai Lama).
Quando sole e luna scambiandosi scandiscono giorno e notte, le voci dei devoti sembrano non conoscere forza di gravità. S’innalzano cantando mantra – preghiere buddiste – pieni di pace e amore. Qui, fra le verdi vette a tremila metri via dal mare, la presenza di ogni monaco o monaca è splendida ma non abbaglia. Ognuno vive nella semplicità affinché tutti possano vivere altrettanto semplicemente. Sono un grande esercito di corpi vuoti per permettere alla loro anima di volare e allo stesso tempo sono colmi di una forza tale da permettere loro di essere immuni verso qualsiasi cosa innaturale. Ogni loro respiro è un soffio vitale dedito ad elevare la propria persona ad un amore incondizionato verso il mondo intero. Questi due luoghi sono un invito a riaprire i libri di storia e geografia per ridefinire l’errato immaginario che spesso circoscrive il Tibet unicamente al territorio della Regione Autonoma. Posti simili sono delle piccole parentesi di pace, dove usi e costumi tibetani vivono e si fondono con quelli cinesi. Qui è ancora possibile dialogare e danzare tra Popoli differenti, ma tutti appartenenti allo stesso Territorio.
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