Prima dei foodblogger e delle interminabili spadellate televisive c’era lui: Pellegrino Artusi, classe 1820. Un uomo attento e curioso che a 70 anni decise di raccogliere centinaia di ricette lungo tutta la Penisola. Le provò e pubblicò le migliori su un manuale pratico per le famiglie dal titolo La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene.
«È la storia di un libro che rassomiglia alla storia di Cenerentola», scriverà di suo pugno nella 4ª edizione del 1902. Un successo travolgente che arrivò solo dopo mille difficoltà e nonostante il giudizio severo di un critico che stroncò in pieno la pubblicazione.
Artusi contribuì fortemente alla formazione identitaria del Belpaese, a pochi anni dall’Unità del 1861, dando slancio e dignità alle tradizioni regionali e ponendo le basi del Dizionario culinario italiano.
L’Italia, grazie a lui, poté vantare così una guida che avrebbe portato a spasso per i quattro angoli del mondo ciò che di più bello possiede: “i sapori della tavola”. 790 ricette e un’infinità di consigli pratici, annotazioni personali e universali e norme di igiene. Una sezione “Note di pranzi” con «due proposte per ogni mese dell’anno, ed altre dieci da potersi imbandire nelle principali solennità, tralasciando in queste il dessert, poiché meglio che io non farei, ve lo suggerisce la stagione con le sue tante varietà di frutta». Una giocosa appendice intitolata Cucina per stomachi deboli, nata forse dalla sua celebre disavventura con un minestrone, in cui l’autore si prende gioco dei debolucci, perché «pare abbiano a competere con un viscere capriccioso, quale è lo stomaco».
Il libro più insolito di un’epoca insolita, in cui napoletani, piemontesi, sardi e veneziani si trovavano ad essere cittadini della stessa Nazione senza riuscire a capirsi a parole. Un libro che univa e unisce. Uno dei libri più letti d’Italia. Un pilastro della letteratura culinaria, senza il quale oggi non esisterebbero molti programmi tv, blog e food-design.
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mercoledì 30 Ottobre 2024
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