Nonostante l’obbligo di prenotazione, nelle carrozze indiane senza classe, la corsa per occupare il posto ti travolge mentre cerchi il tuo cognome nella lista dei passeggeri fuori dal vagone. Dopo la terza classe, non ne sapevo di un’altra senza nome né numero. Mentre cerco l’unico italiano in mezzo all’elenco dei passeggeri indiani “non classificati”, penso ai treni che stanno percorrendo i binari del pianeta, dove le classi si eguagliano solo nel nome “prima, seconda e terza”, ma mai nella condizione.
Sdraiati davanti a me due volti nascosti dietro veli neri. Cerco di guardare oltre, è difficile, posso solo immaginare le forme di quegli occhi tenuti lontani dallo sguardo del mondo. Attorno l’odore è intenso, qualche fece umana scivola per errore sul pavimento. È l’ultimo degli ultimi, un’anima male odorante che varia di stazione in stazione. Chi senza un arto si trascina, chi senza lingua silenziosamente cammina, chi invece non conosce giustizia né turni di lavoro. Fuori dal finestrino la visione filmica di buoi impegnati e chini su una terra che sembra cotone grezzo. Ai lati, le immondizie sono mucchi colorati di un consumismo già scartato, promotore d’illimitati desideri che legano l’uomo a schiavitù. A terra, invece, i confini fra un letto e l’altro sono d’asfalto, come i materassi che li formano.
Il minimo spazio nel mio sedile affollato mi dona disagio che allontano alla vista di sgargiante seta rossa che copre il seno di alcune donne lasciando completamente nudi i loro ventri di fronte a uomini pronti a sposarli. D’improvviso un battito di mani mi risveglia dall’ebrezza di quei colori, è il passaggio di un travestito induista che benedice fronti umane con un tocco di dita. Fra i disabili della squadra di Cricket di Bangalore, è seduta una donna segnata dall’acido, ha la bocca rovinata per la vita, davanti alla mia così intatta e fortunata. Venditori di cibo corrono nei corridoi mentre poveri sognatori dormono, in quei corridoi. Non tutti hanno un romanzo da raccontare, ma ognuno ha una storia che assieme alle altre dà vita a una nazione con molte diversità, ma capace di mantenere una sua autentica unità.
L’India è come attraversare la strada a Mumbai: le prime volte sei un intruso incapace di stare in quel flusso omogeneo di cose diverse. Poi guardi gli altri e capisci, diventi parte della stessa corrente. Ti amalgami e diventi risciò davanti a un risciò, bue di fronte a un bue e macchina quando schivi un’altra macchina. L’India è fatta così, devi entrarci e diventare.
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