Anche oggi potremmo scegliere di lavarcene le mani e restare indifferenti davanti a uno dei drammi più tragici degli ultimi decenni. Nel mondo ogni 20 secondi un bambino muore di sete o perché ha bevuto acqua contaminata. L’80% di questi non vive tra la Fifth Avenue e gli Champs-Élysées. Per 884 milioni di persone l’accesso a una fonte non è facile come bere un bicchier d’acqua. Fatti già sentiti.
Eppure sembra piovere sempre sul bagnato: da questa parte del globo per ogni svuotamento di vescica si gettano nel water dai 10 ai 15 litri di acqua potabile. A questi si aggiungono quelli che versiamo in doccia, a volte senza motivo e in soli 5 minuti. Quando dividiamo i capi rossi dai neri, i gialli dai bianchi prima di metterli in lavatrice non facciamo solo pulizia etnica tra le fibre, ma scegliamo egoisticamente di tirare l’acqua al nostro mulino lasciando a secco gli altri. Quando laviamo i piatti, l’auto. Quando irrighiamo il giardino per far crescere il prato all’inglese anche in zone in cui (per la scarsità delle piogge) ci starebbe meglio il Sahara.
E per non parlare del cibo. Di quanta acqua serve per avere in frigo una bistecca e di quanta ne sprechiamo quando il 40% di quella stessa bistecca (e accade ogni giorno) finisce nell’immondizia. Siamo la società dello spreco, che crede nelle risorse infinite e pensa che prima della fine molta acqua debba ancora passare sotto i ponti. Ma la goccia che farà traboccare il vaso è lì pronta a cadere e ci troveremo in cattive, cattivissime acque.
Nel 1992 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Mondiale dell’Acqua. Il 22 marzo è un simbolo, un’occasione che con il contributo di tutte le “teste di pozzo” di questo opulento Occidente potrebbe non essere solo un altro buco nell’acqua.
mercoledì 30 Ottobre 2024
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