Sono un personaggio (non) qualsiasi di un libro scelto (non) a caso.
Sono un cantastorie di piazza. O meglio, lo sono stato. Mi piaceva scovare i luoghi, immaginare come «toccare le corde della commozione», intuire come fare breccia nel «sentimento popolare». Perlopiù considerato ladro e imbroglione, in fondo un po’ lo ero, mi spacciavo per essere un povero e onesto lavoratore. Ma mi piaceva troppo, raccontare storie.
Il Maestro Guccio parla anche di me.
Mi mette tra le cose perdute. E che tristezza. Sono in mezzo agli esordi del chewing-gum, tra le vecchie maglie di lana (altro che maglia della salute), accanto al carbone! Ma si può mettere insieme me, che facevo vivere storie, con il carbone? Ma vi pare giusto?
Me, insieme ai vecchi tubetti di dentifricio, ai treni a vapore, alle braghe corte, ad un certo cinema, a certe sigarette, ad un mondo andato, ai giochi che non esistono più, alla ghiacciaia prima del frigorifero.
È facile essere nostalgici. Perdersi tra cose che non ci sono più. È facile soprattutto essendo “cantatori di piazza”. È facile prendere una deriva che non va da nessuna parte.
Eppure è bello quando il passato trova delle pagine in cui fermarsi, anziché perdersi in una deriva che non va da nessuna parte. Allora essere in questo dizionario di ciò che si è perduto mi aiuta a non perdermi definitivamente. Un po’ come continuare a vivere su di un veliero, imperterrito, nonostante il presente non abbia più bisogno di me. Chissà poi se è vero, che non ci sia più bisogno.
mercoledì 30 Ottobre 2024
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