«Non seguire mai i consigli. Non mostrare mai il lavoro svolto né discuterne. Non rispondere mai a un critico.» Così sentenzia Raymond Chandler, citato in esergo a questo libro, insieme a Bret Easton Ellis che scrive quanto siano insopportabili gli scrittori, visto che sembrano tutti pavoni, e a Charles Bukowski, che narra di quanto non se ne possa più di baciare uno scrittore.
Così, è sufficiente non leggere nemmeno una parola dell’autore per capire che questo libro farà innanzitutto ridere, a partire dalle prime citazioni. La forza di Culicchia, in queste pagine, non è di certo l’originalità di una storia.
Ci sono tutti i cliché che potete farvi venire in mente. O forse quasi tutti. Tra le righe ad essere presi in giro. Il lettore medio, che è anche scrittore, certamente, perché “in Italia sono più quelli che scrivono che quelli che leggono”, si riconoscerà in diverse righe. Probabilmente vi verrà voglia di (ri)leggere David Foster Wallace, pover’uomo mai abbastanza compianto. Sicuramente vi sentirete calvinianamente più leggeri, quando avrete finito le pagine. Che già un po’ vi mancheranno.
Non vi domanderete se è un testo autobiografico, perché lo è chiaramente, dell’autore emergono aneddoti ma soprattutto la passione colta. Piuttosto vi chiederete su quale gradino ci si sente meglio: se su quello della “Brillante Promessa”, del “Solito Stronzo” o del “Venerato Maestro”.
Il «dorato mondo delle Lettere» appare in tutto il suo splendore, è proprio il caso di dirlo, anzi, in tutte le sue splendenti e divertenti contraddizioni. “Del paraculismo” è il titolo di uno dei capitoli, ma soprattutto è il leitmotiv ironico che si trova in ogni pagina.
mercoledì 30 Ottobre 2024
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