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Sono un inguaribile romantico, lo sono sempre stato, per cui non potevo rimanere insensibile di fronte ai racconti di César Brie a proposito della madre scomparsa ed assente pure in vita, davanti al resoconto del padre, morto prematuramente, della nonna-angelo, e del sé stesso bambino, addirittura da sotterrare, metaforicamente.
Tuttavia, dopo la prima commozione, è subentrata la razionalità che non ha trovato, nell’intero spettacolo, un filo conduttore del tutto convincente e che ha avvertito l’assenza di un qualcosa (e questa volta non si tratta di persone).
Il teatro all’italiana, che non permette al pubblico di circondare l’attore, di certo non aiuta l’immedesimazione e non permette probabilmente allo spettatore di capire al meglio le ragioni della scenografia, i movimenti in scena, il perché dei sentieri tracciati sul palcoscenico; comunque questo non basta, dal mio punto di vista, a giustificare il senso di incompletezza, quel “bravo, però…”.
Perché, comunque, Brie recita bene, scrive bene i suoi testi (peraltro traducendoli dallo spagnolo in uno stimolante italiano), presenta delle trovate azzeccate: come quando “indossa” i vestiti dei suoi cari e, mediante fili per stendere e grucce, li fa poeticamente danzare e fa sì che le loro mani ancora una volta si sfiorino.
Insomma, caro Brie, devo tornare a vederti.
mercoledì 30 Ottobre 2024
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mercoledì 30 Ottobre 2024