Da una parte c’è Hamas – il partito, la milizia palestinese, la resistenza, il gruppo terroristico, insomma, Hamas – che attacca Israele, senza intaccarlo. Dall’altra c’è Israele che si difende, invadendo, devastando e sfollando la Striscia di Gaza. La paradossale offensiva di difesa israeliana dura ormai da due settimane. Il bollettino delle vittime palestinesi sale a 583 morti e a più di 3.600 feriti. Israele conta invece 35 decessi, tutti soldati uccisi in combattimento. Dal canto suo Hamas continua a lanciare razzi contro Tel Aviv, i quali però puntualmente vengono fatti esplodere in aria dal sistema anti-missile.
E qui ci siamo noi. Noi che stiamo seduti nel nostro orticello e sentiamo l’eco di quei missili e di quelle grida. E non sappiamo nemmeno per chi parteggiare – o se lo sappiamo, non lo diciamo: è vergognoso sostenere chi promette di voler sterminare l’intera popolazione israeliana, e parimenti ignobile è appoggiare chi dichiara di non voler uccidere nessuno, proprio mentre si accinge a farne fuori mezzo migliaio. È una guerra, è squilibrata, con due ragioni e con milioni di torti. È una guerra, anche se da una parte la chiamano resistenza e dall’altra protezione preventiva.
E allora si invoca il “cessate il fuoco”. Lo ha chiesto alle autorità israeliane il nostro Ministro degli Esteri Federica Mogherini, flebilmente, da madre, come ha detto lei. L’ha sollecitato Obama, l’ha domandato l’Onu. La richiesta unanime viene rivolta implicitamente a Israele, perché con gli altri non si parla. È come se l’Occidente fosse un professore davanti a due bambini che si picchiano: uno grosso, ricco e prepotente, l’altro mingherlino, povero e canaglia; un professore che però parla solo a quello messo bene. Al magrolino, non un rimprovero, né una dritta o una via d’uscita. Lui sembra esistere solo perché viene picchiato dal grassottello.
È un umanitarismo miope e un po’ deviato, quello dei governi occidentali. Basti pensare alle parole del Segretario di Stato americano John Kerry che, pur annunciando 47 milioni di dollari di aiuti umanitari ai civili di Gaza, ha definito «appropriato e legittimo» lo sforzo difensivo di Israele. Il che equivale a dare dei cerotti alla canaglia sanguinante strizzando però l’occhio al bulletto del corridoio.
Non ci sono soluzioni pronte: nessuna delle due parti desidera o prevede una riappacificazione. E senza la volontà contemporanea e duratura di entrambi i fronti, non può esistere una vera tregua, e tanto meno una pace. Restano quindi solamente oceani di discorsi buttati al vento, tutti superficialmente uguali, ma abbastanza dissimili uno dall’altro per non fare la minima differenza. Se il messaggio lanciato dalla nostra Mogherini è impotente, quasi ingenuo e fin troppo materno nella sua vacuità, le parole di Kerry suonano semplicemente complici. E noi? Noi ce ne stiamo zitti, chini sul nostro orto.
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