8 marzo 2013. Avremmo potuto dire 6 ottobre, 18 maggio o 28 luglio 2012. Negli ultimi mesi i funerali di Hugo Chavez, presidente-caudillo del Venezuela dal 1998, sono stati annunciati e smentiti molte volte. Adesso pare siano quelli definitivi.
Il web e i media internazionali si sono rivelati a tratti salvifici quanto un elisir di immortalità, a tratti peggiori della “nuova e grave infezione” che alla fine ha stroncato il rivoluzionario bolivariano. E il popolo (ultras e oppositori insieme) si trova oggi davanti a un mondo che, da una parte osanna l’eroe che ha messo in un angolo le oligarchie nazionali, agevolando un riscatto sociale per poveri, indios e precari, dall’altra condanna il bugiardo Presidente che con una maglia rossa e qualche slogan combatteva gli USA per poi vendergli il petrolio, mentiva sulle sue condizioni di salute e prenotava voli per andare a Cuba per curarsi.
Sangue bianco, nero e indio nelle vene, Chavez ha cambiato profondamente la storia del suo paese e i rapporti di vicinato con le Americhe. Dopo la prima apparizione televisiva, il leader carismatico ha vinto quasi tutte le elezioni e per molti venezuelani ha rappresentato il sogno (latino)americano. La sua morte è la fine di un’esperienza personale tanto quanto un nuovo inizio per la ricostruzione di un paese pieno di ponteggi, talvolta pericolanti. A storici ed esperti un giudizio sul passato, ai posteri sentenze e speranze.
mercoledì 30 Ottobre 2024
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