Il corpo, simbolo di dinamicità e considerato “involucro dell’anima”, è spesso oggetto di rappresentazione artistica. Ma cosa accade se il corpo diventa una vera e propria tela su cui dipingere concetti che cercano di estendersi dalla punta dei piedi fino ai capelli? Stiamo parlando di una forma artistica conosciuta per lo più all’estero: il bodypainting. In Austria, in Corea e in molti altri paesi si organizzano vere e proprie “gare” per trasmettere concetti nei colori che si sprigionano sui corpi delle modelle.
Abbiamo incontrato Giulia Pastore, artista trentatreenne, per farci raccontare questa forma d’arte, che potrebbe essere considerata – superficialmente – addirittura volgare, dal momento che si dipinge su un corpo nudo (con solo gli slip). In realtà, afferma Giulia, si tratta di «vestire la modella con i colori dell’artista».
«Dipingere un corpo ti permette di vedere la tua opera prendere vita: l’artista crea l’idea e il concept mentre la modella interpreta il lavoro» prosegue Giulia, che ci spiega come l’artista – sulla base della tematica proposta – progetti il dipinto che, prendendo forma sulle linee dei corpi, acquisisce tridimensionalità, rendendolo unico nel suo genere. «Dopo ore e ore di lavoro, mesi di studio e preparazione – ci dice la giovane artista – l’opera si lava via con una doccia e, se non fosse per i fotografi, vivrebbe quel tanto che basta per essere realizzata e portata sul palco».
Giulia Pastore si è appassionata al bodypainting assistendo, casualmente, come visitatrice, ad una gara: «Inutile dire che me ne sono innamorata! Così, senza neppure conoscere bene il funzionamento, ho deciso che l’anno dopo avrei partecipato anch’io». E da quel momento ha iniziato la sua esperienza, che l’ha portata ad incontrare e conoscere molte nuove persone tra cui Raffaella, con cui ha instaurato un legame artistico – e d’amicizia – che in soli tre anni le ha portate ad ottenere enormi soddisfazioni.
«Ogni progetto – ci dice – è una sfida, è come realizzare un quadro. Tiro fuori una parte di me e ogni opera è espressione di quello che sento e vivo».
Giulia, nel 2018, assieme alle sue amiche Raffaella e Chiara, entrambe artiste, ha fondato un’associazione culturale dal nome Enrosadira – nome ispirato dal fenomeno che dona alle Dolomiti il caratteristico colore rosa – che occupa della promozione della bodyart sul nostro territorio: «Il lavoro è molto difficile, troviamo spesso porte sbarrate, ma noi ci proviamo e piano piano stiamo prendendo piede, grazie soprattutto ad alcune persone e locali che ci hanno sostenute fin dall’inizio».
Già nel primo anno di attività, infatti, le tre artiste hanno organizzato la prima gara di bodypainting trentina che, come ci spiega Giulia: «È stata un successo! La giuria era d’eccellenza, con campioni mondiali e artisti di livello nazionale. La seconda edizione ha riscosso ancora più successo e ne siamo felicissime». Organizzare un evento così non è facile, soprattutto dal punto di vista economico – vista anche la difficoltà nel trovare degli sponsor – ma anche da quello organizzativo: «Ogni cosa va studiata a puntino, partecipando a molte gare abbiamo appreso tutto ciò di cui ogni artista ha bisogno, ma anche le necessità dei fotografi, senza il lavoro dei quali le opere rimarrebbero estemporanee».
Giulia sorride entusiasta mentre ci mostra spettacolari bodypainting realizzati in questi anni e consiglia, a chi vuole approcciarsi a questa forma d’arte di «non aver paura, di provare, e di non aspettare di essere bravi per lanciarsi in un bodypainting. Per iniziare non servono milioni di corsi: serve passione, apprendere un po’ di basi ed il resto viene da sé». Del resto, come ci dice prima di salutarci, citando Yoko Ono, “Art is a way of survival”, un modo per aprire ai nostri sentimenti e rasserenare il nostro spirito.
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giovedì 21 Novembre 2024