Festival dello Sport: Clarence Seedorf, “il mio calcio libero”

Durante la terza giornata del Festival dello Sport, al Teatro Sociale di Trento, una coda lunghissima di persone si è creata nell’attesa di un’icona del calcio mondiale: Clarence Seedorf. Avendo la possibilità di ascoltarlo parlare di sé, della sua esperienza calcistica e soprattutto delle sue lotte nel sociale, è cosa naturale realizzare perché tante persone possano provare affetto e stima nei suoi confronti, sarebbe ovvio sentirsi ispirati, e tanto è stato: l’evento con protagonista l’unico giocatore di calcio capace di vincere la Champions League con 3 club diversi – Ajax, Real e Milan – è andato oltre il semplice racconto calcistico.

Certo, Clarence ha raccontato dei primi calci tirati ad un pallone, delle giovanili dell’Ajax con suo “fratello” Kluivert, per poi proseguire con gli anni del Real e del Milan. Il club rossonero, dove ha trascorso ben dodici anni, lo ha visto protagonista delle due finali contro il Liverpool, nelle notti di Istanbul e Atene. “Nel tennis capita spesso di giocare contro gli stessi, hai più possibilità di rivincita. Ci sono momenti iconici ed è una fortuna ritrovare la stessa squadra in finale. C’era rammarico per la sconfitta perché eravamo forti e avevamo giocato meglio persino di quando abbiamo vinto poi. Certe vittorie le senti sulla pelle, lo sentivamo, il gruppo era in perfetta sinergia. È questo il bello dello sport, se vinci o perdi devi metabolizzare subito, se vuoi essere titolare il mercoledì, dopo la sconfitta della domenica, devi dimostrarlo subito. Il mondo dello sport ti insegna a reagire sin da piccolo”, ha detto a riguardo.

Dopo essersi ritirato nel 2013, con addosso la maglia del Botafogo, Seedorf aveva scelto di cominciare la sua carriera da allenatore, un po’ come da copione: fu il presidente Berlusconi, quando scelse di partire nel 2012, a dirgli che le porte sarebbero sempre state aperte per lui, avrebbe solo dovuto prendersi i suoi tempi e scegliere il momento. I risultati non sono stati quelli che in molti si sarebbero potuti aspettare da una mente calcisticamente – e non – così alta: la sua esperienza durò dal gennaio al giugno del 2014, con una media punti da Champions League e un gioco, definito da lui stesso, “divertente”. A proposito si è espresso senza peli sulla lingua, toccando anche un tabù del calcio europeo: “Non so chi me l’ha fatto fare ma lo rifarei. Era casa mia ed era in difficoltà, erano stati anni difficili e mi sentivo già pronto, sarebbe stato bello tornare a casa. Ci sono poche spiegazioni al perché allenatori arrivati dopo di me al Milan hanno trovato panchine in Italia e io no. Non ho mai ricevuto una proposta in 20 anni. O mi dicono <<non vogliamo offenderti con una proposta>>. Ma tu fammela una proposta, poi te lo dico io se sono offeso o no. In Europa c’è un problema per gli allenatori di colore, non hanno l’opportunità. La prima proposta seria per me arrivò dalla Cina, però è deludente vedere che sia andata così. L’Italia non è razzista, i razzisti sono dovunque, è un problema sistemico”.

Durante la sua esperienza sulla panchina rossonera non sono stati pochi i dubbi sul carattere neutrale di alcuni giornali, o quantomeno della presenza di “talpe” a Milanello per la fuoriuscita di notizie, ma prescindere da cosa sia successo, Seedorf ha creato alcuni momenti di ilarità mista a dubbio sul suo modo di fare, dalla panchina rialzata – “in tutti gli sport funziona così, solo nel calcio no. E se guardi bene oggi a San Siro c’è una panchina rialzata…” – alle mail inviate durante la notte allo staff tecnico – definite come un simbolo di passione e voglia di fare bene – eppure allo stesso tempo è impossibile negare all’olandese il suo aver avuto una personalità tale da gestire giocatori, dal talento più che puro, afflitti da noti problemi caratteriali come Adel Taraabt o Mario Balotelli. Il fatto che Seedorf sia rimasto senza una panchina ha anche dei lati positivi però: ha avuto molto spazio per i suoi progetti sul calcio riguardanti inclusività, sport e gioventù.

“Mi sveglio per rendere il mondo un posto migliore. Ho energia, vitalità e forza per combattere e viaggiare, che è faticoso, come venire qui oggi, ma allo stesso tempo è bellissimo! Mi preme che tra cinque o dieci anni uno dei miei progetti abbia impatto nel mondo. Parlerò a breve davanti ai Ministri dello Sport del mondo, persone che hanno le idee migliori, ma faticano nel metterle in pratica: c’è da darsi una svegliata. Bisogna investire su infrastrutture che possano essere utilizzate. Non c’è più da parlare, bisogna agire perché vivano bene gli altri. Se fatto nel modo giusto lo sport può essere il fattore di inclusività maggiore”.

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sabato 21 Dicembre 2024