FDS 2024 – Bugno, Chiappucci e Indurain: la classe non è acqua

Se la classe potesse avere un volto, sarebbe probabilmente la sintesi di quelli di Miguel Indurain, Gianni Bugno e Claudio Chiappucci. I tre giganti del ciclismo mondiale si sono ritrovati insieme sul palco dell’Auditorium Santa Chiara per condividere i ricordi di una carriera svolta in larga parte lungo le stesse strade. Basti pensare ai Tour de France del 1991 e del 1992, quando Indurain, Bugno e Chiappucci si ritrovano insieme sul podio. Indurain entrambe le volte primo, Bugno e Chiappucci secondo e terzo una volta per uno. Ma la rivalità è scomparsa, lasciando il posto a una profonda stima e a un senso di autentico rispetto che rende la serata ancor più speciale.

Sono tanti i complimenti che i tre ciclisti si scambiano. Miguel Indurain spende parole al miele per i due rivali: «Non ho conosciuto nessuno con la classe e la potenza di Gianni. Con un 53-12 riusciva a fare una progressione letale per chiunque, era impossibile stargli a ruota negli sprint. Di Chiappucci ammiravo il coraggio, il carattere. I suoi attacchi erano sempre dietro l’angolo, quando stavi con lui non ti sentivi mai al sicuro. Non potevo dargli troppo distacco a cronometro, altrimenti si incaponiva e il giorno dopo mi scattava in faccia». E sorride.

Invece, il tratto vincente di Indurain era la tranquillità. «Era sempre così calmo in corsa da risultare indecifrabile, non si capiva mai quando e come metterlo in difficoltà» rivela Chiappucci. «Il ciclismo non era come quello di oggi, non c’erano le radioline ed era tutta una questione mentale, di ragionamento. Non era facile interpretare Miguel, soprattutto all’inizio, quando ancora non si conosceva bene tutto il suo potenziale».

Si finisce inevitabilmente per parlare anche del ciclismo di oggi e del suo dominatore, Tadej Pogačar. Se la ride Gianni Bugno: «Meno male che il nostro ciclismo non era come quello di oggi! Fossi stato contemporaneo di Pogačar, non avrei vinto niente». Gli fanno eco sia Claudio Chiappucci sia Miguel Indurain. «Fossi un suo avversario non saprei dove e come batterlo» ammette il primo. «Di lui mi colpisce molto la spavalderia: già in conferenza stampa annuncia quando attaccherà e la strategia con cui andrà a vincere. La sua superiorità parte anzitutto dalla grande fiducia che ha nei propri mezzi». «Sembra in effetti che eserciti un potere mentale sugli avversari» aggiunge il campionissimo spagnolo. «Prendiamo per esempio i Mondiali di Zurigo: il gap tra lui e gli inseguitori si era ridotto a trenta, quaranta secondi. Non era certo impossibile riprenderlo, eppure ha vinto. Però attenzione, Remco Evenepoel è in grande crescita e Jonas Vingegaard, quando sta bene, sa tenergli testa. Mi piacerebbe vedere uno scontro alla pari».

Ce lo auguriamo anche noi. Così come ci auguriamo che la classe e il reciproco rispetto di questi tre campionissimi di ieri possa essere un esempio per i ciclisti di oggi. Perché, se anche il ciclismo è cambiato drasticamente, certe cose non devono passare mai di moda.

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martedì 22 Ottobre 2024