Come si misura il successo?

Come si misura il successo di uno sportivo? Attraverso il numero di vittorie? La costanza dei piazzamenti? La capacità di rimanere nella memoria collettiva, al di là dei risultati ottenuti? C’è da domandarselo dopo l’ennesimo arrembaggio di critiche che è seguito alla mancata vittoria di Filippo Ganna durante la cronometro del Giro d’Italia di venerdì scorso: Ganna non è in forma, non è più quello di un paio di anni fa, sta avendo una stagione di scarso successo, dopo la scorsa altrettanto – così dicono – infruttuosa. Eccolo, il successo. Come si misura, quindi? E perché, se Ganna arriva secondo, battuto solo dall’alieno Tadej Pogačar, la sua è una sconfitta, mentre nessuno mette in dubbio che la stagione del Bologna, ben lontano dal vincere lo scudetto o di arrivarci anche solo vicino, sia stata una stagione di assoluto successo? C’entra solo il fatto che sono due sport diversi o il discorso è più complesso?

Il problema è che viviamo in una società che pratica la disciplina del salto sul carro del vincitore ed è medaglia d’oro nel sollevamento di critiche. Fintanto che si può creare una narrativa favolistica legata all’underdog che fa sognare ottenendo risultati che vanno oltre l’immaginabile (vedi il Bologna nel calcio) allora tutto va bene, e siamo i primi a saltare sul carro dell’idolo di turno. Però, nel momento in cui l’underdog non è più tale e non rispetta certe aspettative (spesso assurde) allora cominciano le critiche. Ed è il caso di Ganna. Se si esamina con un minimo di senso critico la cronometro del verbanese ci si accorge che i commenti negativi non hanno ragion d’essere: come può essere fallimentare la prova di un ciclista che ne ha battuti (o in certi casi disintegrati) altri 160 ed è stato battuto da uno solo? Uno solo. Su un percorso che non gli si addiceva nemmeno del tutto. Fossero davvero tutti così i fallimenti.

Inoltre, a questa considerazione ne andrebbe aggiunta un’altra, che permette di inquadrare meglio la scarsa brillantezza di Ganna (così si è espresso lui stesso): gli obiettivi stagionali del fenomeno piemontese non arrivano prima della seconda metà di luglio, in occasione della prova olimpica a cronometro. Mancano ancora due mesi: una condizione stratosferica adesso significherebbe rischiare di arrivare alle Olimpiadi scarico. Chissà che cosa direbbero allora i suoi detrattori, che in questi giorni sono così veloci nel premere il grilletto contro di lui. Alla fine, il problema è uno solo: l’equazione vittoria = successo. Un’equazione dalla quale faremo bene a liberarci il prima possibile. Ne va della nostra salute e della salute dello sport in generale.

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domenica 8 Settembre 2024