Sanremo 2022 – Il pagellone della quinta serata (Secondo Tempo)
Leggi il primo tempo del Pagellone.
Rullo di tamburi: ecco la seconda parte del pagellone dell’ultima serata del Festival di Sanremo. Scopriamo come si sono esibiti gli ultimi cinque artisti che sono saliti sul palco questa sera e fermiamoci per alcune considerazioni finali dopo aver scoperto il vincitore.
ACHILLE LAURO – Domenica. Il suo Festival è andato in crescendo: meno provoca, più funziona. Poi più di tanto comunque non riesce a fare, ma almeno ha portato l’Harlem Gospel Choir. Voto: 5.5
ANA MENA – Duecentomila ore. Fossero anche solo dieci minuti, avrebbe comunque rotto dopo dieci secondi. Voto: 5
TANANAI – Sesso occasionale. Chissà chi hanno escluso quest’anno per far cantare lui. In un hashtag: #savejalisse. Voto: 5
GIOVANNI TRUPPI – Tuo padre, mia madre, Lucia. Qualcuno alla fine dovrà sistemargli il guardaroba. La sua canzone non è materiale sanremese, ma se il “materiale sanremese” sono i due che l’hanno preceduto, teniamocelo stretto. Voto: 6.5
VIBRAZIONI – Tantissimo. Festival in crescendo anche per loro. Forse ci siamo abituati alla voce del leader (o più probabilmente canta meglio), ma ci scopriamo canticchiare insieme a lui. Voto: 6
Il Festival di Sanremo, una maratona durata cinque giorni, è finito. Hanno vinto Mahmood e Blanco con la loro Brividi. Non mancheranno le polemiche sui vincitori e sulle varie posizioni della classifica finale. Non vogliamo entrare nella questione, pur riconoscendo che la loro è la scelta migliore anche in ottica internazionale (Eurovision Song Contest). Ci riserviamo però un momento per un paio di considerazioni più generiche. La prima è che pare evidente, molto più di altri anni, la dialettica inter-generazionale, lo “scontro” tra giovani e anziani.
A scapito però della qualità. Perché un palco gigantesco come quello di Sanremo ha il dovere di dare opportunità alle giovani generazioni di cantanti, ma non deve essere un imperativo categorico. Bisognerebbe che un direttore artistico esperto e competente – con tutto l’amore per Amadeus – sapesse come muoversi in equilibrio tra le esigenze di cassetta, la necessità di una competizione di una certa qualità e quell’imperativo di cui si diceva prima di lanciare nuovi interpreti o di portare alla ribalta quelli di nicchia.
La seconda considerazione è ancora più ampia e riguarda il Festival solo in maniera tangenziale. Non ci gireremo attorno: la qualità della musica italiana in questo momento storico è piuttosto bassa. Più che la qualità della musica italiana sarebbe meglio dire la competenza musicale in Italia. Stracciarsi le vesti per Achille Lauro significa non sapere quanti prima di lui, e con più forza di lui, hanno saputo scandalizzare.
In questo senso, il Festival di Sanremo – sempre ricorrendo al fantomatico direttore artistico esperto e competente – dovrebbe fare da “scuola”. Continuando a chiamare gli Achille Lauro (le esigenze di cassetta), ma affiancando loro dei cantanti che non considerino l’Ariston l’occasione per fare animazione turistica. È un circolo virtuoso: le competenze musicali del pubblico aumentano se la qualità di chi le dovrebbe proporre (i/le cantanti) aumenta; la qualità dei/delle cantanti aumenta se le competenze musicali del pubblico aumentano.
Insomma, la speranza è che in futuro la canzone italiana (ma anche il cinema, il teatro, la letteratura e tutte le altre espressioni artistiche) possa veicolare cultura e competenza.
Un ringraziamento a tutte le persone che hanno seguito i nostri pagelloni in questi cinque giorni. È stato un viaggio stancante, ma in fin dei conti divertente. All’anno prossimo!
Cultura
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lunedì 3 Febbraio 2025