La terza stagione di Ted Lasso è la più bella (finora)
Chi scrive ha elogiato Ted Lasso – serie televisiva targata Apple TV – in tempi non sospetti, nel maggio 2021, quando di stagione ne esisteva solo una ed era ancora pressoché sconosciuta. Ciononostante, la recensione rispecchiava già un parere entusiasta: «Possiamo tranquillamente consigliare questa serie a chi ha voglia di un prodotto che sia contemporaneamente leggero e significativo». A distanza di più di due anni e con altre due stagioni nel mezzo, il giudizio è cambiato? Assolutamente no. Anzi.
La serie è persino riuscita a migliorare quel suo essere al contempo leggera e impegnata. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, in estrema sintesi la storia è questa: un allenatore di football americano (Ted Lasso, appunto) viene ingaggiato per allenare una squadra di Premier League, il Richmond, senza però avere alcuna esperienza nel mondo del calcio. Da questo punto di partenza si dipanano diverse storie più personali che sportive, grazie a una caratterizzazione dei personaggi così riuscita da essere variegata e sorprendente.
In Ted Lasso non esistono flat characters, cioè personaggi piatti, prevedibili e banali, ma solo round characters: dietro a un apparente ricorso agli stereotipi – il calciatore belloccio e senza spessore morale, la modella bionda e superficiale – si cela in realtà una profondità che si rivela al pubblico di episodio in episodio, fino al culmine della terza (e per ora ultima, ma il rinnovo potrebbe essere nell’aria) stagione. Niente cliché: i dodici episodi affrontano dinamiche psicologiche e traumi irrisolti con la delicatezza del caso, senza avere più una prospettiva “Ted-centrica” ma adottando una visione più corale delle vite e dunque dei problemi di chi sta attorno al protagonista.
Anche questioni che a primo impatto sembrerebbero liquidate troppo in fretta – per chi ha già visto la serie: il conflitto tra la vita lavorativa e quella privata di Keeley, o la comparsa improvvisa di Zava, una sorta di macchietta di Ibrahimović – in realtà sono funzionali ad altre parti della trama, come il rapporto tra Roy e Jamie, evoluto in maniera impressionante rispetto alla prima stagione. Merito del ruolo determinante assegnato al concetto di mentorship: andare oltre l’orgoglio e l’egoismo che ci impediscono di imparare dagli altri è il proposito che sta alla base di tutta la narrazione.
Non una novità per chi conosce Bill Lawrence, autore e produttore televisivo non solo di Ted Lasso ma anche dell’amatissima Scrubs, dove i personaggi imparano gli uni dagli altri costantemente (basti pensare al rapporto che lega J.D. al Dottor Cox). Ciò che Lawrence e la sua squadra (di cui peraltro fa parte anche Jason Sudeikis, l’attore che interpreta Ted) riescono a fare con il personaggio di Nate, per esempio, è un lavoro che da solo varrebbe il metaforico prezzo del biglietto.
Il finale in altri casi sarebbe risultato eccessivamente “smielato”; qui suona invece onesto e addirittura lirico, tanto da essere perfetto come conclusione definitiva dell’opera. Se però dovesse mai arrivare una quarta stagione, la maglia dell’AFC Richmond è già pronta per essere indossata davanti alla televisione.
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giovedì 21 Novembre 2024