La Buona Novella: il Vangelo secondo De André
Nella sera in cui a Sanremo venivano massacrati i due Lucio (Dalla e Battisti), Neri Marcorè faceva rivivere sul palco del Teatro Sociale di Trento La Buona Novella di De André, nello spettacolo ideato da Giorgio Gallione.
Il primo concept-album del cantautore genovese ben si adatta alla messa in scena teatrale, vista la costruzione in forma di opera da camera e la molteplicità dei personaggi a cui dà voce. Alternato a brani tratti dal protovangelo di Giacomo, dal Vangelo dell’Infanzia Armeno e dallo Pseudo-Matteo, il disco viene spiegato dall’attore marchigiano con l’ausilio delle voci e degli strumenti di Alessandra Abbondanza (fisarmonica), Barbara Casini (chitarra e percussioni), Anais Drago (violino), Giua (chitarra) e Francesco Negri (pianoforte).
“Apocrifo non significa empio, sacrilego, come ho sempre pensato, bensì segreto, nascosto”, spiega Marcorè. Proprio a partire da questa consapevolezza, con rispetto e sensibilità, lo stesso De André ha ricostruito i momenti salienti della vita di Gioacchino e Anna che hanno portato alla nascita di Maria, alla sua infanzia e allo sposalizio con un San Giuseppe novantenne e già carico di prole. Umanissima e toccante è la scena in cui l’anziano falegname torna a casa dopo quattro anni per scoprire che la sua sposa bambina è incinta del figlio di Dio. Si adira, si sente preso in giro da una ragazzina che gli racconta di aver volato sulle ali di un angelo, fino a quando non si rende conto, guardandola negli occhi, che lei crede veramente a tutto quello che dice. E allora, per salvarla da una condanna a morte per adulterio, le carezza il volto come un padre amorevole, la perdona e la porta via.
Totalmente tralasciati dai Vangeli canonici, ma intrisi di avvenimenti magico-favolistici, sono anche gli episodi che narrano l’infanzia di Gesù, nei quali viene presentato come un bambino impulsivo, incapace di trattenersi, a tratti trascinatore e a tratti vendicativo. Tanto in grado di cavalcare i raggi del sole, quanto di resuscitare momentaneamente un amichetto per farsi scagionare dall’accusa del suo stesso omicidio. Lo spettacolo, come il disco, giunge fino alla crocifissione di Cristo tra i due ladroni, mentre le loro madri intonano un lacerante canto di dolore e disperazione, che le accomuna e le unisce. A Marcorè spetta invece la famosissima Il testamento di Tito, nella quale mostra le sue eccellenti doti canore e interpretative.
Così com’è cominciato, il tutto si conclude trionfalmente con Laudate hominem, ultima traccia de La Buona Novella, a sugellare l’umanità dei personaggi, che rende il tema sacro sempre attuale sia che venga trattato in prosa o in poesia. Per dirla con De André: “Compito di un artista credo sia quello di commentare gli avvenimenti del suo tempo usando però gli strumenti dell’arte: l’allegoria, la metafora, il paragone”.
Foto © Tommaso Le Pera
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giovedì 21 Novembre 2024