“Hunger Games: la ballata dell’usignolo e del serpente”, la recensione
Le opere di Suzanne Collins hanno spesso trovato ampio consenso fra i giovani e anche in questo caso “La ballata dell’usignolo e del serpente” non fa eccezione. Un cast di tutto rispetto, fra cui figurano Peter Dinklage nei panni del Decano Highbottom, Tom Blyth come Coriolanus Snow e Rachel Zegler nel ruolo di Lucy Gray Baird, non può che aver incrementato l’interesse che aleggiava da molto tempo, in particolar modo nei fan più accaniti che attendevano con ansia l’adattamento cinematografico del prequel della nota saga.
L’aver quindi trasposto un libro di tale portata in 157 minuti implicava un approfondito lavoro che avrebbe dovuto soddisfare gran parte del pubblico. Eppure, non per tutti è stato così.
La trama, replicando quanto verificatosi nella trilogia originale, parte da uno snodo centrale ben definito e chiaro, ovverosia gli “Hunger Games”, per poi svilupparsi attorno alle dinamiche dei protagonisti, in questo caso specifico rappresentati dall’ambizioso Coriolanus Snow e dalla giovane e sincera Lucy Gray Baird.
Finché la storia narra lo sviluppo dei famigerati “Giochi della Fame”, non si riscontrano particolari incongruenze, che emergono però nelle parti successive della pellicola. La scelta peraltro azzeccata, di suddividere il lungometraggio in tre sezioni, aiuta a discernere le caratteristiche dei tre filoni narrativi in maniera più chiara.
Dal prodotto integrale emerge sicuramente la figura atipica di Snow, ambizioso e narcisista ma al contempo interessato alle relazioni, come si evince dal suo rapporto con Lucy Gray e con Seyanus. Una serie di scelte, successivamente rivelatesi sbagliate, non fa demordere il giovane rampollo, che proseguirà il suo cammino con l’obbiettivo di un riscatto sociale.
Lucy Gray invece, in virtù delle sue origini nei distretti, ha maggior interesse nel preservare la pace e la tranquillità che era riuscita a costruirsi con il suo gruppo, e vedrà stravolgere la sua vita prima dagli Hunger Games e successivamente da Coriolanus. La sua figura risulta ben equilibrata e decisa, e nonostante venga messa a dura prova durante i giochi, mantiene intatta la sua morale e i suoi principi, minati però dalla relazione con Snow.
Il Decano infine rappresenta uno dei personaggi più coerenti e ben delineati sin dall’inizio della storia. Ideatore dei giochi assieme al padre di Snow, nasconde dietro ai modi freddi e duri un profondo rimpianto per quanto ha creato e rifugge nella morfamina per sopportare le continue delusioni a cui deve assistere.
In definitiva, “La ballata dell’usignolo e del serpente” funge da snodo essenziale per comprendere la psicologia di Coriolanus Snow in vista di quanto accaduto nella trilogia originale, mancando però di un vero messaggio rivolto allo spettatore. Se la Collins si è rivelata indubbiamente capace di dipingere un contesto post apocalittico che spinge gli esseri umani a ritornare allo “stato di natura” di cui tanti filosofi si sono occupati, in questo caso, data la natura egocentrica del protagonista, è quasi completamente assente un ideale ed un’etica che possano essere trasmessi al pubblico.
In ogni caso, la pellicola convoglia tutto lo sviluppo di una trilogia in un singolo prodotto, rappresentando alla perfezione una prospettiva completamente opposta rispetto a quanto mostrato da Katniss nel primo ciclo di “Hunger Games”.
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domenica 22 Dicembre 2024