Fidiamoci dei Metallica
Far parte del fandom dei Metallica è sfibrante. Non per colpa dei Metallica, sia chiaro. Per colpa di chi li segue. Un po’ come quella citazione attribuita a Woody Allen: «Non ho niente contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa». Certo, non si possono mettere sullo stesso piano i Metallica e Dio (anche se…), ma il concetto è lo stesso: i fan dei Metallica sanno essere una piaga biblica. Perché? Basta leggere qualche commento qua e là sull’ultimo disco uscito lo scorso aprile, 72 Seasons. «È troppo simile a Kill ‘Em All», «non sono più i Metallica di una volta» e «non è vero metal» sono le tre osservazioni più ricorrenti. Affrontiamole.
È troppo simile a Kill ‘Em All. Posto che essere simile a un capolavoro non è che sia un difetto così intollerabile, i richiami – innegabili, evidenti – all’intramontabile disco del 1983 sono parte integrante del messaggio, o del concept, che dà il titolo a questa ultima fatica. 72 Seasons riflette infatti sulle prime “settantadue stagioni” di vita di una persona (i primi diciotto anni di vita, per intendersi), ovvero sugli anni centrali per la formazione della persona. Il discorso però si dilata e quello delle 72 stagioni diventa un pretesto per meditare sul tempo in senso lato. Quale occasione migliore per farlo, se non il quarantesimo anniversario di Kill ‘Em All?
Per quanto riguarda la seconda “accusa” rivolta ai ‘Tallica, prendiamo in prestito un paio di versi da un altro gruppo che ci ha regalato una monumentale riflessione sul tempo che passa: «The time is gone, the song is over, thought I’d something more to say». Di tempo ne è passato, ma credo di avere ancora qualcosa da dire. Sintesi perfetta, anche e soprattutto per i Metallica. Non riescono (né probabilmente riusciranno più) a raggiungere vette come Master of Puppets o …And Justice for All? Pazienza. È fisiologico, santo cielo. Neanche la vena poetica di Bruce Springsteen produce più capolavori come Darkness on the Edge of Town o The River, ma continuiamo ad amarlo lo stesso, perché è il Boss e perché ci ha regalato alcune delle emozioni più belle della nostra vita.
E qui veniamo all’ultimo j’accuse. Confinare i Metallica nell’etichetta del “vero metal” significa aver capito pochissimo dello spirito di una band che ha sempre avuto in sé un’indole curiosa e naturalmente portata alla sperimentazione. Un esempio su tutti: Lulu, opera del 2011 figlia di una collaborazione tra i pionieri del thrash metal e il cantautore Lou Reed che da subito fece storcere il naso ai puristi (di entrambi i generi). James Hetfield e compagni adorano uscire dalla comfort zone; sarebbe giusto e auspicabile che i loro stessi fan lo capissero, e lo rispettassero.
Il consiglio è uno ed è molto semplice: fidiamoci dei Metallica. Ascoltiamoli senza pregiudizi e, se anche non dovessimo gradire particolarmente il disco, mostriamo un po’ di gratitudine ai “giustizieri” del metal e alla loro folle, ineguagliabile carriera.
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giovedì 26 Dicembre 2024