De André l’anarchico

 

Certo bisogna farne di strada

da una ginnastica d’obbedienza

fino ad un gesto molto più umano

che ti dia il senso della violenza

Però bisogna farne altrettanta

per diventare così coglioni

da non riuscire più a capire

che non ci sono poteri buoni.

 

“Non ci sono poteri buoni”: il testamento spirituale di Fabrizio De André racchiuso in cinque parole. Basta scorrere mentalmente la discografia faberiana per averne la prova: il potere politico ed economico che è causa dei conflitti armati tra civili e innocenti, come nella Guerra di Piero; il potere maschile che opprime e uccide la donna, come nella Canzone di Marinella; il potere dell’autorità che ha portato alla crocifissione di Cristo, come racconta La buona novella; il potere capitalista che soffoca il lavoratore, come racconta Storia di un impiegato; e così via. Gli esempi sarebbero ancora tanti.

Oltre alla innata (ma, come si è visto, motivata) sfiducia nei confronti del potere, i motivi che spiegano il connubio tra Faber e l’Anarchia sono essenzialmente due. Il primo: lo status di privilegiato (cioè di figlio della borghesia benestante) gli è sempre andato stretto, fin da giovanissimo. Fabrizio – l’uomo ancor prima dell’artista – si sente più vicino a quelle che nel ‘96 definisce “anime salve”, ossia quegli spiriti solitari che compongono la parte reietta e dimenticata della società. Il secondo: solo la prospettiva di una società anarchica, che abbia il rispetto reciproco come unica legge, può assicurare al suo animo inquieto il giusto orizzonte di libertà.

Seppur nell’immaginario collettivo ci sia la tendenza a credere che anarchia significhi caos e disordine, per il cantautore genovese la questione è molto più semplice: anarchia significa comportarsi civilmente prima che qualcun altro ci obblighi a farlo. Serve una legge per capire che uccidere un essere umano è sbagliato? Serve la minaccia della galera per capire che la violenza, in ogni sua forma, è sbagliata? Bisogna poi considerare che la violenza dipende quasi sempre da una dinamica di potere, perché è il potere a implicare necessariamente la prevaricazione di una parte sull’altra. Ed ecco perché non esistono poteri buoni.

Una persona saggia una volta disse: «O sei potere, o sei persona». Faber ha scelto di essere persona, schierandosi dalla parte degli ultimi e di tutte quelle persone che il potere quotidianamente calpesta. Parafrasando Giorgio Gaber, Fabrizio De André ha cercato una nuova utopia, litigando col mondo.

Cultura
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giovedì 21 Novembre 2024