C’è ancora domani di Paola Cortellesi. La recensione

Alla diciottesima edizione del Roma Film Festival è stato presentato il primo film scritto e diretto da Paola Cortellesi: “C’è ancora domani”. Già dall’uscita del trailer, questo debutto si è distinto dalle altre proiezioni italiane per la complessità del tema trattato e per le scelte stilistiche adottate nel corso della narrazione: dal filtro in bianco e nero, all’autenticità dei quartieri romani degli anni Quaranta, alla singolarità della colonna sonora.

La protagonista della pellicola è Delia, una donna il cui ruolo sociale è relegato a “moglie
di Ivano” e “madre di tre figli: una femmina e due maschi”. La povertà economica e intellettuale,
il reducismo dalla Seconda Guerra Mondiale e una cultura fortemente patriarcale caratterizzano l’ambiente in cui è inserita questa famiglia, dove regolarmente si verificano episodi di violenza domestica. Già dall’inizio si capisce qual è l’unico modo possibile per uscire da una relazione tossica: un cambiamento di mentalità da parte della protagonista, accompagnato da una buona dose di coraggio e determinazione.

Balli di coppia e musica pop per ritrarre la violenza di genere

Mostrare in modo accurato i danni che un marito manesco e padre padrone causa alla moglie ferita e ai figli che assistono passivamente alla sua cattiveria non è facile. Il rischio di fornirne
una rappresentazione addolcita e minimizzata – o in alternativa splatter e poco credibile –
è sempre in agguato.

In questo caso la regista mostra la disparità di genere a tutto tondo: dai soprusi verbali, alle discriminazioni sul lavoro, alle aggressioni fisiche. Per riprodurre queste ultime, ha presentato
le scene d’azione con dei balletti coreografici, accompagnati da un sottofondo musicale pop.
I ritornelli delle canzoni – metafora di una situazione che si ripete continuamente – uniti alle immagini in movimento aggressive e cruente rendono la narrazione ancora più straziante, facendo provare al pubblico la stessa tensione che prova la protagonista del film.

Matrimonio, scuola o lavoro? 

Questo film, ambientato in un passato che ormai sembra lontano, ha molto da insegnare
ai ragazzi e ai genitori di oggi.

Oltre a mostrarci le dinamiche della violenza di genere, Paola Cortellesi ci ricorda che il matrimonio non è un obiettivo da raggiungere, ma solo un momento che allieta la nostra vita
se – e solo se – è voluto da chi si sta sposando. Espressioni come “mia figlia deve trovare marito” o “ora che si è sposata, mia figlia si è sistemata” dovrebbero uscire dal nostro vocabolario, per essere sostituite da frasi che rappresentano i veri obiettivi da raggiungere:
una buona istruzione e l’indipendenza economica.

Per questo motivo, consigliamo la visione del film a chiunque voglia riflettere sulle tematiche dell’amore vero, da non confondere con il possesso, la gelosia e tutto ciò che caratterizza le relazioni tossiche e pericolose. Naturalmente, accettando di arrabbiarsi, indignarsi e vivere un paio d’ore con le lacrime agli occhi e il fiato sospeso.

Cultura
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

venerdì 18 Ottobre 2024