“Aforismi e magie”

Il mondo e la poesia di Alda Merini

Oggi vi voglio parlare di un libricino scritto da una poetessa che rimane un simbolo della letteratura poetica italiana del Novecento. Alda Merini è stata da molti giudicata pazza, tanto da essere ricoverata in manicomio. Ma la sua era davvero pazzia?

Il libro di cui voglio parlare è giunto nelle mie mani per caso, grazie al dono di un caro amico; si intitola “Aforismi e Magie” ed è un libricino dalla forma inusuale, lungo e stretto, ma che mi ha colpito come un maglio, lasciandomi sbalordita.

Ammetto di essere molto digiuna di poesia ma è bastato l’assaggio di un momento per restarne stregata; l’intensità, la sofferenza, la gioia e la pazzia (non collegate alla malattia, ma legate al ‘vivere fuori dagli schemi’) mi hanno portata, come un novello Paolo sulla via di Damasco, a restare folgorata da questa autrice.

Sono rimasta ammaliata, non solo perché la sua poesia è unica e speciale ma anche perché è una degli esempi migliori del valore delle donne in un campo che, come molti altri, è stato per lungo tempo dominio esclusivo degli uomini.

Si dice che la poesia non sia per tutti, che abbia molte forme e che “la poesia è la pelle del poeta”; si dice che poeti e pazzi vivano in un mondo diverso da quello comune ma, se così fosse, non potrebbe essere proprio il loro mondo quello giusto? Se i pazzi e i poeti fossero semplicemente figli di un mondo giusto inserito però in uno sbagliato? Avevo letto un saggio di una psicologa che raccontava di quanto spesso si fosse trovata davanti a persone sane che il mondo rendeva malate; non mi risulta difficile crederlo e, soprattutto di questi tempi, mi viene spontaneo chiedermi se Alda Merini non fosse semplicemente “giusta” in un mondo “sbagliato”.

Il libricino si apre con una nota della autrice che qui riporto poiché permette di avere una comprensione del “genio inusuale” della poetessa:

«Il senso dell’ironia e dello humor fa parte della solarità dello scrittore. Nomi allusioni notiziole storielle ritmi e simbologie, frenesie etiche, innamoramenti bizzarri, vengono presi dallo scrittore come facenti parte di un’ironia dell’oggetto che gli sfugge. Si tratta in fondo di una tragedia dell’ironia, del ridere per non piangere, ma anche di un divertimento consolatorio, come tra me e Casiraghi che spesso abbiamo considerato insieme la natura disumana della vita. Abbiamo cominciato sovente i nostri dialoghi piangendo per poi finire in risate frenetiche e così sono nati gli aforismi, ridendo a crepapelle sulle nostre disgrazie. Ci sono anche proverbi popolari, maledizioni contro la iella, la ricerca dell’untore, la credenza innaturale nelle fatture, perché il poeta è così. Si sente un uomo fortunato, un bellimbusto, e tutto quello che gli capita non può essere colpa che di una fattura.»

Il volume è composto da una serie di testi pubblicati in edizioni fuori commercio dall’Editore Alberto Casiraghi, autore, fra l’altro, delle illustrazioni a pastello che accompagnano i testi; disegni all’apparenza infantili ma dalla forza prorompente che sottolineano in ogni brano, con grazia e semplicità, il forte legame di amicizia che legava autrice ed editore.

Nell’affrontare la lettura di questo libro mi sento di darvi un consiglio: lasciate da parte l’idea di poesia “classica”; questa raccolta, come il titolo sottolinea, è una raccolta di aforismi; di Haiku occidentali dal carattere ferale, deciso, vivace, violento ma straordinariamente semplice e profondo che porta sul baratro della pazzia.
Non partite quindi dall’idea comune di poesia ma distaccatevi dalle convenzioni e, come acrobati senza rete, affidatevi a questi sottili pioli, a questi brandelli di parole che hanno però la capacità di sostenervi senza vacillare.

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L’autrice. Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo 1931. Esordisce molto giovane, a sedici anni. Nel 1947 cominciano i primi segni della pazzia. Il primo libro di versi è “La presenza di Orfeo” (Schwarz 1953) che, accolto con grande favore dalla critica, sarà poi riproposto da Vanni Scheiwiller nel 1993. Nel 1965 ha inizio il doloroso internamento manicomiale presso il Paolo Pini di Milano fino al 1972. Il silenzio poetico in cui Alda Merini si è chiusa si interrompe, dopo quasi vent’anni, nel 1979, quando dà avvio alla scrittura di alcuni tra i suoi componimenti più intensi, soprattutto quelli de “La Terra Santa” (Scheiwiller 1984). Rimasta vedova nel 1983, sposa due anni dopo il poeta tarantino Michele Pierri, nella cui città si trasferisce. Sono questi anni difficili, durante i quali conosce gli orrori dell’ospedale psichiatrico di Taranto.

 

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sabato 21 Dicembre 2024