Oggi, mentre pascolavo tranquillamente in un parco pubblico di Trento, mi sono imbattuto in un cartello stradale davvero ambiguo; oltre al disegnino, classicamente equivoco, il cartello recava un messaggio a dir poco straniante: “È consentito esclusivamente il passaggio con cani al guinzaglio sul vialetto e sulla scala di accesso (ord. N° 20142 13/05/96)”.
Mi sono fermato. Ho detto: se è vero che non ho un cane, è anche vero che ciò non mi esime dall’essere in grado di interpretare un cartello. Dopotutto, potrebbe venire il giorno in cui comprerò un cane oppure, più plausibilmente, quello in cui una compagna mi costringerà a tollerarne la presenza, per poi delegarmene la cura. A quel punto emergerà, con prepotenza, la necessità di interpretare i cartelli dei parchi.
Io guardo il cartello e non capisco. Passano alcuni minuti.
“È consentito esclusivamente il passaggio con cani al guinzaglio sul vialetto e sulla scala di accesso”, continuo a ripetermi.
Progressivamente, inizio a rendermi conto che quella frase potrebbe voler dire ben quattro cose assai diverse tra loro.
1) Portare il cane al guinzaglio è consentito, certo, ma solo se ci si trova sul vialetto o sulla scala di accesso di questo parco. In qualunque altra zona del mondo, è vietato.
2) A te, umano, è certamente consentito di passare sul vialetto e sulla scala di accesso di questo parco, ma solo se munito di cane al guinzaglio. Se ne sei sprovvisto, no.
3) La sola cosa consentita al mondo, il solo comportamento ammesso, è quello di condurre cani al guinzaglio lungo il vialetto del parco. Tutte le altre azioni – mangiare, comporre musica, far di conto – sono da considerarsi vietate.
4) I cani non possono stare nel parco se non transitando al guinzaglio lungo il vialetto e lungo la scala d’accesso.
È solo un procedimento di esclusione invero piuttosto complesso, basato sulle mie conoscenze pregresse e guidato dalla forza suprema del buonsenso, a condurmi fuori dalle nubi che si addensano sul mio cielo e a farmi dirigere l’attenzione verso questa quarta ipotesi interpretativa.
Ora, modestamente io sono laureato, mediamente intelligente, e dotato di buon raziocinio. Ho il senso della complessità e l’abitudine all’approfondimento. Ma cercando pure di accordare una certa dose di fiducia all’uomo col cane – sarebbe ingiusto fare il contrario – e immaginando per un attimo che egli possa svolgere tutto il ragionamento in maniera perfetta, io mi chiedo: ma per uno che si salva quanti finiscono col sganciare il cane alla fine del vialetto?
Allora l’amministratore dovrebbe avere più empatia per l’uomo col cane, imparare a considerare il suo dolore. Soprattutto, imparare a visualizzarlo. Poi prendere il suo bel calamaio e scrivere qualcosa del tipo: “I cani non possono entrare nel parco se non transitando al guinzaglio lungo il vialetto e lungo la scala d’accesso”.
Perché anche a prescindere dalle sorti personali dell’uomo col cane, il linguaggio è una cosa importante e sempre più trascurata.
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giovedì 21 Novembre 2024