Valentina Dobbo, classe 1991, durante il periodo universitario ha deciso di mettersi in gioco impegnandosi nel volontariato. Per un anno ha insegnato italiano agli stranieri presso l’Associazione Vides Veneto di Padova, utilizzando il suo tempo libero in favore del prossimo.
Valentina, cosa ti ha spinta ad intraprendere un’esperienza di volontariato?
Volevo rendermi utile per gli altri e allo stesso tempo mettere in pratica ciò che avevo imparato all’università, dove avevo frequentato dei corsi incentrati sull’insegnamento come Didattica della lingua italiana. L’attività di volontariato poteva quindi essere l’occasione giusta per mettere in pratica ciò che avevo appreso e per mettermi alla prova.
Raccontaci come erano organizzate le attività presso l’associazione con cui hai collaborato.
I corsi erano rivolti agli stranieri di qualsiasi nazionalità intenzionati ad imparare la lingua italiana partendo da un livello chiamato addirittura A0 fino ai livelli più alti. Erano pensati anche per chi volesse approfondire la conoscenza linguistica e prepararsi per gli esami ufficiali di lingua. I partecipanti erano raggruppati per livello, a loro volta divisi in sottogruppi di massimo otto persone, e ogni volontario seguiva un piccolo gruppo. Siccome c’erano tanti volontari, poteva capitare che due o tre di loro seguissero lo stesso gruppo. Io, ad esempio, molto spesso ero da sola, ma è capitato che mi trovassi anche con uno o due volontari.
Hai avuto delle difficoltà nell’entrare in contatto con le persone che frequentavano i tuoi corsi?
L’unica difficoltà forse era legata alla comunicazione, ma mi aiutavo con l’inglese. Ricordo però di un ragazzo madrelingua francese che non parlava inglese: in questo caso è stato davvero un mettersi alla prova. In generale, per facilitare la comunicazione usavo anche la tecnologia: se un vocabolo non veniva capito, mostravo l’immagine dal mio telefono.
C’è qualche episodio particolare che porterai sempre con te?
Sicuramente i momenti di condivisione. Succedeva spesso durante le lezioni che, partendo da un’immagine qualsiasi, c’era sempre qualcuno che raccontava un episodio della sua vita. Si parlava anche delle abitudini o delle tradizioni del proprio paese, di come fosse l’università e il lavoro. Era anche un modo per approfondire la conoscenza delle persone e, grazie a questi momenti, si creava un legame. Pensi che molti di loro mi mostravano foto dei parenti o di dove abitavano.
Venendo a te, cosa hai imparato e come valuteresti l’esperienza?
Attraverso il confronto diretto con le persone, ho imparato ad andare oltre i pregiudizi approfondendo ciò che si conosce in maniera approssimativa su altre culture e su altri paesi. É stata sicuramente un’esperienza che mi ha arricchita molto a livello umano. Le attività in sé mi sono piaciute, come mi sono piaciute anche le persone che ho conosciuto: associati, volontari e studenti. Non ci sono mai state giornate in cui sono uscita da quel luogo senza sentirmi soddisfatta.
Che consiglio daresti alle persone che sono incerte se intraprendere o meno un’attività di volontariato?
Consiglierei di cercare un’attività che possa piacere e gestita da un’associazione con progetti e scopi affini a ciò in cui si crede. Questo è possibile consultando i canali di comunicazione delle varie realtà, dove vengono riportati i loro valori. Per chi volesse impegnarsi nel volontariato ma non trova il tempo, dico di non preoccuparsi: a seconda di ciò che si sceglie di fare si può decidere quante ore dedicarci a settimana. Inoltre, quando si inizia, ci si rende conto che si sta spendendo bene il proprio tempo libero.
Twitter:
sabato 21 Dicembre 2024