Alle pendici del Monte Baldo, la catena montuosa che accarezza il Lago di Garda, si trova un bosco di cirmoli con una storia bellissima. Leggenda (o storia) vuole che, durante la dominazione veneziana, il versante settentrionale del Baldo (più precisamente: il Monte Altissimo di Nago) sia stato disboscato per fornire legname ai cantieri navali della Serenissima. E la montagna è rimasta così, spoglia per secoli, fino a quando non è arrivato Augusto a vestirla.
Augusto Girardelli, “el Gusto” per i suoi compaesani, s’è messo a fare una cosa folle, e meravigliosa. Classe 1931, nato e cresciuto a Brentonico (Tn), negli anni sessanta Augusto si mette in testa che la montagna, lui, non la vuole vedere così. E così si mette a piantare, da solo, decine di alberi. Non alberi qualunque: Augusto sceglie i cirmoli, o pini cimbri, che dir si voglia. Forse sono i cirmoli ad aver scelto lui.
Noncurante dello sgomento della moglie e dello scetticismo generale, cura il fianco della montagna e la ricopre con un tappeto di aghi verdi. Uno ad uno, giorno dopo giorno, pazientemente, plasmando con tenacia e caparbietà un suolo arido, sferzato da venti e valanghe. Nei periodi di siccità, zaino in spalla, porta persino l’acqua alle sue amate piante. Sogna in grande, Augusto. E forse (anche) per questo non viene capito.
Qualche anno più tardi, la diffidenza di gente comune e istituzioni si trasforma: dapprima in divertita curiosità e, quindi, in commossa ammirazione. Tutti sembrano (finalmente) capire che, in quella follia, deve pur esserci del metodo (e un cuore grande come quella montagna). Arrivano così i primi aiuti, e i tanto agognati finanziamenti.
Augusto è stato questo: un uomo che, da solo, con caparbietà e tenacia, ha piantato una foresta. Augusto se n’è andato, da qualche anno. Il suo bosco, invece, no. Resiste al tempo, alla neve, alla siccità. Ospita volpi, scoiattoli e camosci. Il suo bosco vive e, con lui, vive anche Augusto. Ora, tra i cirmoli, s’inerpica un sentiero a lui dedicato. Dalla sommità si può ammirare il bellissimo quadro che, per tutta la vita, Augusto ha continuato a dipingere: un oceano verde che abbraccia la montagna (che lui non chiamava “mia”, ma “nostra”). Il suo è un manifesto di grazia, tenacia, appartenenza. La prova provata di cosa possano fare volontà e determinazione.
Tutti noi dovremmo prendere quest’impegno (con noi stessi, in primis): iniziare, da soli, e pazientemente, a piantare un bosco. Qualsiasi cosa, quel bosco, significhi. E se non è una poesia la sua storia, non so che altro potrebbe esserlo.
"Ho visto Peppino De Filippo recitare quattro volte la medesima commedia con sempre nuove invenzioni. Egli stesso non ricordava certe felici battute della prima rappresentazione. Forse la nostra salvezza è nel non credere che la perfezione esista, o semplicemente nel trovarla noiosa".
Ennio Flaiano - Diario degli errori
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giovedì 21 Novembre 2024