Amare la scrittura significa anche amare la lingua con cui si scrive. Si pone un’attenzione particolare alle parole scelte, al ritmo, alla lunghezza della frase, alla grammatica. Non dico che la si usi necessariamente in maniera corretta. Anzi, si plasma e addirittura si storpia a seconda dell’effetto che si vuole ottenere e dell’oggetto che si sta cercando di rendere a parole. Gadda è un maestro in questo senso: il suo uso dei dialetti italiani è inimitabile, il suo riprodurre l’atmosfera di un luogo attraverso la parlata indimenticabile per chi ha avuto la fortuna di leggerlo.
La lingua è un bene comune che funge da fondamenta per molte attività pubbliche e private. Trattarla con rispetto anziché bistrattarla è essenziale. Chi scrive con passione usa la lingua con una speciale consapevolezza, la tratta con una cura particolare.
Sempre di più sembrano, invece, le persone che utilizzano la lingua senza la dovuta attenzione. I realisti e i pessimisti diranno che, al giorno d’oggi, la varietà del vocabolario italiano soccombe spesso di fronte al più comune turpiloquio, l’eleganza grammaticale si perde in costrutti errati e alla correttezza ortografica si preferisce l’incuranza linguistica.
Tuttavia non bisogna disperare. Su Facebook è nata la pagina Istituto di Provvidenza Grammaticale (IPG) che con leggera ironia e accademica puntigliosità riprende tutti, dal comune cittadino al noto politico, intervenendo solo – si fa per dire – sulla forma, non sui contenuti. Anche l’occhio (e l’orecchio) vuole la sua parte.
Tramite la forma, l’IPG interviene anche sul galateo, sostituendo il gergo scurrile con più raffinate alternative: si passa dal classico “accidenti” a un ricercato “parbleu”, senza dimenticare “cavolo”, ortaggio che forse elegante non è, ma funziona bene al posto del corrispettivo volgare fallico «per la gioia [di] … vegani e vegetariani».
«Questo Istituto si costituisce come movimento di critica verso uno stato di cose; la critica costituisce soltanto una prima parte dell’azione, una pars destruens, a cui auspichiamo seguirà una pars construens. La presa di coscienza di un problema non è sicuramente sufficiente a risolverlo, ma è una condizione necessaria». Mi auguro, dunque, che l’attività dell’Istituto abbia un prolifico futuro, così prolifico da rendere l’IPG stesso superfluo.
Descriversi in poche righe è una delle sfide più ardue. Ammirando la volta della Cappella Sistina, Canetti asseriva che «da essa appresi fino a qual punto sfida e caparbietà possono diventare creative quando si alleano con la pazienza». Sono caparbia e sono paziente, ma evidentemente non ho il talento di Michelangelo. Allora rinuncio all'impresa. Quello che sono ora non lo sono mai stata né lo sarò in futuro, ma attraverso la scrittura manifesto me stessa e il mio divenire. Con le parole esprimo le mie passioni e inseguo i miei sogni.
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giovedì 21 Novembre 2024