Uscirne migliori o uscirne vivi?

Anche quest’anno, l’anno si trascina al traguardo. Il secondo del Coronacene (2020-2021), l’epoca storica che dovrebbe marcare un gigantesco punto e a capo per l’umanità. Ora voltiamo pagina e ricominciamo migliori. Con quanta insistenza abbiamo sentito ripetere questa frase? Ci abbiamo quasi creduto, a un certo punto. Ne usciremo migliori: è diventato un mantra, sbandierato a destra e a manca. Sì, come no.

A uscirne migliori non ci abbiamo nemmeno provato. Anzi, ne usciamo (ne usciremo: meglio usare un cauto futuro) peggiori. Incattiviti, livorosi, biliosi. Con un’accresciuta sfiducia verso il prossimo e verso le cose (specie se riguardano il futuro). Da un certo punto di vista, c’è da capirlo: una pandemia non è cosa che si affronta tutti i giorni o che si risolve in qualche settimana. Ognuno di noi ha vissuto in modo diverso le limitazioni, i lockdown, i lutti e in modo diverso è sceso a patti con la nuova quotidianità. Certo, questo non giustifica la cattiveria gratuita di cui tante volte leggiamo sui giornali o che vediamo in TV. Può essere però una chiave per analizzarne la genesi.

Ciò che forse è mancato – e parlo in maniera specifica dell’Italia – per uscirne davvero migliori (o, comunque, non peggiori) è stata una guida chiara – chiara non vuol dire forte – durante i mesi di pandemia. Chiara nella comunicazione, soprattutto. Dai bollettini medici alle norme da osservare, le persone hanno dovuto orientarsi autonomamente nel magma caotico di informazioni da cui sono state sommerse ogni giorno. Norme poco chiare, dati su morti e contagi spesso piegati a fini propagandistici dai mezzi di informazione.

Nel marasma che si è creato, lo spirito di solidarietà che in situazioni così estreme è fondamentale – e che avrebbe garantito un esito pandemico meno doloroso e incattivito – si è sciolto come neve al sole. Anche in questo senso, cioè nell’incapacità di ispirare un senso di unità, si è sentita la mancanza di una guida che si esprimesse in maniera chiara, ferma. Il Covid è democratico, non ha guardato al privilegio. Su questa consapevolezza si sarebbe dovuto fondare lo sforzo comune alla comune salvezza. L’idea di salvarsi da soli è anacronistica e pericolosa. Infatti, il Covid ha dimostrato in maniera dolorosamente icastica che non esistono confini o barriere in grado di trattenerlo. L’unica arma a nostra disposizione è (era?) la cooperazione e il sacrificio.

Sono poche le sfide davvero decisive che l’umanità deve affrontare, e ancor meno le occasioni per una vera “evoluzione-rivoluzione etica”. Sul Covid se n’è giocata una, e abbiamo perso. Sull’ambiente ne stiamo giocando un’altra e anche questa partita sembra volgere al peggio. A forza di occasioni mancate, all’uomo non sarà più data la possibilità di uscirne migliore. A forza di occasioni mancate, all’uomo potrebbe non essere più nemmeno data la possibilità di uscirne.

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giovedì 30 Gennaio 2025