Quelle lauree in tailleur e ciabatte
Un’aula universitaria affollata di amici e parenti. Una commissione di laurea pronta ad ascoltare la discussione della tesi che conclude un percorso di studi lungo e faticoso. Lo scambio di sguardi con il relatore, che non sai se aggiungono o attutiscono l’ansia. E poi l’atto finale, il discorso, le domande, il congedo e quei minuti interminabili che precedono la proclamazione. I sorrisi, le strette di mano ed i saluti. La festa può incominciare, si stappa una bottiglia, si scattano le foto ed il rituale dei festeggiamenti ha inizio. È la giornata che non si dimenticherà mai.
Non in questa primavera. L’epidemia di coronavirus ha travolto e stravolto anche la vita universitaria e, di conseguenza, anche le sessioni di laurea.
Molti studenti si sono trovati nella condizione di dover concludere il loro ciclo di studi con una modalità che mai si sarebbero aspettati: per evitare ogni sorta di contatto umano, molte università si sono attivate per organizzare delle sessioni di laurea virtuali, permettendo ai laureandi di discutere la tesi da casa.
Indubbiamente questa soluzione ha permesso di non rallentare il percorso degli studenti e soprattutto di non sovraccaricare eccessivamente le prossime sessioni di laurea con un numero difficilmente gestibile di discussioni da effettuare in breve tempo, ad emergenza sanitaria finita.
Volta la carta però, non si può non tenere in considerazione il lato emotivo di tutto quello che fa da cornice alla laurea, che è stato totalmente azzerato dai muri inesistenti delle virtual room che hanno ospitato commissioni e laureandi, convertendo in un freddo colloquio a distanza quel turbinio di emozioni che, in fin dei conti, sono quelle destinate a rimanere scolpite per sempre nella memoria dei giovani e dei loro cari.
Per farci raccontare cosa si prova ad affrontare in questo modo un momento così importante abbiamo incontrato Anna Lapira e Raffaella Laganà, entrambe neo laureate in Giurisprudenza presso l’Università di Trento, rispettivamente con una tesi sul finanziamento del terrorismo islamico e sugli effetti della prima rivoluzione industriale sullo status lavorativo e sociale delle donne.
«Avevo totalmente altre aspettative per quel giorno e laurearmi via internet è stato un gran dispiacere – ci racconta Anna – perché avrei voluto almeno guardare in faccia la commissione e il relatore e stringere loro la mano al momento della proclamazione. Sono contenta di essermi laureata e di aver concluso i miei studi ma avrei voluto condividere questo momento con le persone a cui tengo di più, che non hanno neppure potuto assistere alla discussione telematica».
Anna però non si perde d’animo e confida nella cerimonia che l’università ha deciso di organizzare una volta finita l’emergenza per proclamare gli studenti che hanno affrontato la discussione magistrale in questa situazione: «Sarà un modo per cristallizzare e condividere un momento unico delle nostre vite».
Non imbocca binari diversi Raffaella, sospesa tra la felicità per il buon esito della sua discussione e la sensazione di tristezza per il contesto in cui l’ha vissuta: «È andato tutto bene, ma quello che più mi ha pesato è che i miei genitori, che vivono in Sicilia, non hanno potuto essere lì con me. È stato tutto surreale, pensate che ho discusso la mia tesi in Tailleur e ciabatte. Mi sono vestita, ho aperto il pc, ho atteso quattro ore davanti ad uno schermo bianco, ho discusso e ho richiuso il pc, dopo aver salutato la commissione con un cenno della mano».
Raffaella – Raffa per gli amici – continua a ruota libera nel racconto: «Pensate che tutto è finito prima di pranzo e non sono riuscita neppure a festeggiare con un pasto take- away. Non mi rendo ancora molto conto di essermi laureata e, a dirla tutta, è stato anche un po’ frustrante finire un percorso lungo cinque anni davanti ad uno schermo. Non avrò mai più l’occasione di rivivere un momento simile, mi rimarrà sempre l’amaro in bocca perché mi è mancato sentirmi speciale e apprezzata dalla mia famiglia e i miei amici».
In questi giorni strani e irreali che stiamo vivendo lo si è detto e ribadito, e queste testimonianze non fanno altro che confermarlo: non siamo totalmente felici se non abbiamo la possibilità di condividere con chi ci sta vicino la nostra vita, le nostre gioie, i nostri successi, i fallimenti e tutto ciò che ci tocca emotivamente. Cerchiamo di tenerlo a mente anche quando tutto questo sarà di nuovo possibile e, immersi nel vivere quotidiano, correremo il rischio di non farci più caso.
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giovedì 21 Novembre 2024