Quando Chopin si affacciò alla finestra, canzoni contro la paura

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Venerdì 13 marzo 2020. Ore 18. Uno stereo affacciato ad una finestra riproduce un notturno di Chopin. Le strade della città semideserte. Pochissime persone, rigorosamente a distanza di sicurezza, stanno facendo ritorno a casa dopo un’uscita per stretta necessità.

“Ecco l’ora dell’aperitivo ai tempi del coronavirus”, scherza un ragazzo accennando un mezzo sorriso censurato dalla mascherina protettiva.

Il cambiamento delle nostre abitudini, in questi giorni di “quarantena”, è stato radicale. Il nostro ritmo di vita, spesso frenetico e inarrestabile, ha subito uno stop forzato che non è facile metabolizzare. Accade però qualcosa che è interessante mettere in evidenza.

In un momento in cui la lontananza tra le persone dovrebbe essere massima, scatta un meccanismo che ci spinge a “riavvicinarci”, riscoprendo alcuni aspetti del vivere quotidiano che prima difficilmente trovavano spazio. Tra le iniziative di aggregazione a distanza spicca un flash-mob musicale promosso attraverso i vari social network: tutti, venerdì 13, alla stessa ora, sono stati invitati ad affacciarsi alle finestre o ad uscire sui loro balconi per suonare uno strumento, cantare o semplicemente riprodurre una canzone.

E così, in un giorno qualunque di questa difficile parentesi, ci siamo sentiti tutti più uniti da una cosa semplicissima: la musica. Musica che, nella normalità, spesso viene relegata a sottofondo inerte per le nostre giornate ma che, in un momento di grande difficoltà comune, si è trasformata in un connettore sociale potentissimo.

E in tutto il paese è stato così. Idealmente tutti insieme, dai bambini con il loro flauto dolce, ai ragazzi che hanno organizzato veri e propri dj set, al pensionato che ha eseguito con la fisarmonica l’Inno di Mameli, alle voci più affermate del panorama musicale nazionale che hanno eseguito i loro pezzi più famosi, abbiamo affermato, sottovoce ma neanche troppo, che in una contemporaneità in cui l’individualismo prende spesso il sopravvento, siamo ancora in grado di farci forza a vicenda. A distanza sì, ma non certo lontani.

 

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