Laurearsi conviene?
A scanso di equivoci lo diciamo subito, sì. Nonostante i numeri dei laureati in Italia siano tra i peggiori in termini di quantità, a livello europeo, conseguire un titolo di studio triennale e specialistico conviene, sempre.
AlmaLaurea ha svolto anche quest’anno il Rapporto sul Profilo dei Laureati, basandosi su una rilevazione che coinvolge circa trecentomila laureati di settantasette Atenei.
A questo ha poi fatto seguito il Rapporto sulla Condizione occupazionale dei Laureati, un’analisi che ha riguardato seicentosessanta mila laureati di settantasei Atenei e analizza i risultati raggiunti nei mercati del lavoro dai laureati nel 2020, 2018 e 2016, contattati rispettivamente a 1, 3 e 5 anni dal conseguimento del titolo.
Quanto vale quindi una laurea?
Sicuramente un tasso di occupazione che segna +2,9 punti percentuali rispetto al 2019 per i laureati di secondo livello e +0,4 punti per i laureati di primo livello, ad un anno dalla conclusione del percorso di studi.
Inoltre, nell’89,6% dei casi i laureati di primo livello trovano lavoro entro cinque anni dalla fine degli studi (percentuale che si attesta a 88,5% per i laureati di secondo livello nello stesso periodo).
Secondo il rapporto Istat, nel 2021 il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 è pari al 79,2% tra i laureati, rispetto al 65,2% di chi è in possesso di un diploma.
Altro punto fondamentale sono le maggiori retribuzioni. A cinque anni dal conseguimento del titolo di studi, infatti, il guadagno mensile è pari a 1.554 euro per i laureati di primo livello e 1.635 euro per i laureati di secondo livello, con un incremento rispetto al 2019 rispettivamente di +8,3% e +7,3%.
Le lauree STEM (acronimo che riporta le iniziali di Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono quelle più redditizie e con un tasso occupazionale più grande che arriva anche al 90% per informatica e tecnologie ICT, ingegneria industriale e dell’informazione, architettura, ingegneria civile e lauree in economia in generale.
A tal proposito è di pochi giorni fa l’articolo del Corriere della Sera che riporta il titolo sorprendente “Donne e lavoro: solo le laureate in materie Stem guadagnano come gli uomini (anzi: leggermente di più)”. Si sa che la disparità salariale tra uomo e donna rappresenta un ulteriore gradino di difficoltà per chi non solo è in cerca di lavoro, ma appartiene anche al genere femminile. Mamme o no, signore con qualche anno d’età, studentesse o neo laureate spesso appartengono non solo alla categoria di chi, a parità di ruoli, guadagna meno di un uomo, ma, come ci ricorda un articolo del Sole24Ore sul gender pay gap, “il primo problema per il nostro Paese è la differenza di genere nelle persone a salario zero. Le persone inattive, cioè quelle che pur essendo in età lavorativa non sono occupate né disoccupate, ma restano fuori del mercato del lavoro, non sono ugualmente rappresentate nei due generi: la loro quota è pari al 26,4% per la componente maschile ma sale fino al 44,6% per la componente femminile”.
Tornando invece ai dati del Corriere della Sera che ci fanno sperare in un miglioramento, emerge che l’81,8% delle donne laureate in materie stem guadagna più di 1.500 euro netti al mese. Gli uomini nella stessa fascia di reddito sono il 79,3%.
Questa piccola fotografia dello stato attuale del mondo del lavoro deve poter far riflettere non solo sull’importanza dello studio, in barba a chi canticchia la solita solfa “ma cosa serve andare a scuola”, ma anche su quali opportunità reali esistano, per donne e per uomini, nonostante i tanti passi avanti che ancora dovranno essere fatti in termini di gender pay gap.
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mercoledì 5 Febbraio 2025