E l’Oscar per la miglior performance patriarcale goes to…

Poteva forse mancare la tradizionale e plateale polemica agli Academy Awards? Naturalmente no. A farci questo dono prezioso questa volta sono Chris Rock e Will Smith, il cui “siparietto” imbarazzante è ormai al centro del dibattito pubblico.

Breve sintesi per chi fosse così fortunato o fortunata da esserselo perso: Chris Rock osa una “battuta” di pessimo gusto nei confronti dell’attrice Jada Pinkett Smith, moglie di Will. Quest’ultimo inizialmente ride, poi si altera, si alza, raggiunge il comico sul palco, gli tira un ceffone e torna al posto intimandogli di – cito testualmente – “lasciare il nome di sua moglie fuori dalla sua f*ttuta bocca”.

Ora. Le cose che dovrebbero farci molto arrabbiare sono due.

La prima. Il modo in cui noi donne veniamo costantemente ignorate. L’identità di Jada Pinkett Smith è stata calpestata prima da un uomo che si è permesso di fare una battuta abilista sulla sua malattia (l’alopecia) e poi dal marito che, trattandola come la “sua” proprietà da difendere coi pugni, interviene al suo posto, come se non fosse una donna adulta e libera ma una creatura indifesa da proteggere. A questo proposito, l’obiezione che più ho letto in rete è: “Allora che cosa avrebbe dovuto fare?”. Coinvolgerla, per esempio. Rispettare il suo principio di autodeterminazione e lasciare che fosse lei a gestire una situazione che, del resto, non riguardava altri che lei. Al contrario, è andata in scena la solita contesa cavalleresca più adatta ai fasti medievali che al presente, nel 2022.

La seconda. Il discorsetto con cui Will Smith, poco dopo l’aggressione, ha giustificato il proprio gesto. Stringendo tra le mani la statuetta appena vinta, l’attore ha sentenziato con le lacrime agli occhi che “l’amore ti fa fare cose folli”. Ecco, il vero problema è proprio questa mentalità distorta che fa coincidere l’amore con la violenza possessiva. Ricorda da vicino certi titoli della stampa italiana dopo un caso di femminicidio: “L’ha uccisa in un raptus di gelosia”. Come se la gelosia potesse anche solo lontanamente ridurre la gravità del crimine. Mutatis mutandis, Smith difende la dinamica patriarcale appena andata in scena cercando di portare il pubblico a empatizzare con la violenza, fino a giustificarla. Quando la toppa è peggio del buco, insomma.

 

Una scena che non è altro che il riflesso di un retaggio socio-culturale intriso di mascolinità tossica dove l’uomo, per sentirsi tale, deve difendere la “sua” donna alzando le mani. Niente di più, niente di meno.

 

Ironia della sorte? Il personaggio che è valso l’Oscar a Will Smith in King Richard ha speso tutta la prima parte del film a insegnare alle proprie figlie a reagire alle offese con la nonviolenza. Il premio può dirsi meritato: Smith ha recitato – e dunque finto – benissimo.

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giovedì 21 Novembre 2024