Al lupo al lupo! La dittatura del politicamente corretto
Alzi la mano chi non ha mai sentito dire “siamo nella dittatura del politicamente corretto” o “non si può più dire nulla”. Alzi la mano chi non ha mai sentito dire “nazifemministe” o “radical chic”. Nessuno (o quasi) alzerebbe la mano, perché certe espressioni sono diventate dei veri e propri tormentoni nel dibattito pubblico, non solo italiano ma internazionale.
Questi tormentoni hanno tante colpe: creano spauracchio nei confronti di una censura immaginaria; sminuiscono qualsiasi forma di protesta nata dall’attivismo o da una denuncia; invitano a chiudersi nel proprio orticello, disprezzando ogni minimo cambiamento dello status quo, eccetera.
Non per niente sono espressioni che il più delle volte escono da bocche conservatrici che, a fronte per esempio di un personaggio omosessuale in una serie televisiva o di una critica a certi atteggiamenti maschilisti, vedono minacciato il proprio millenario potere e urlano alla “nuova dittatura”. La verità è molto semplice: sono loro la “dittatura”. Il maschilismo, il razzismo, l’omofobia e tante altre forme di odio sono purtroppo all’ordine del giorno in questa società; bastano pochi dati alla mano per averne prova tangibile. Di conseguenza, è naturale che il potere senta la necessità di difendere i propri privilegi.
Come? Spesso creando polemiche trasversali sul nulla cosmico. Prendiamo il caso inutile ma iper strumentalizzato del famoso “bacio non consensuale” di Biancaneve: si tratta dell’opinione di due giornaliste del giornale americano online “SF Gate”, di ritorno da una visita a Disneyland. Da una semplice osservazione è nata una bufera indicibile, fino ad arrivare a parlare di “cancel culture” (altro falso mito conservatore, una sorta di politicamente corretto al quadrato). Tutto perché due singole persone hanno espresso un punto di vista, senza alcuna ricaduta effettiva sulla realtà. Quanto è pericolosa questa cancel culture! Di questo passo non potremo più raccontare le fiabe ai bambini!
Il potere che cerca di salvare sé stesso non è certo cosa di questi giorni, comunque. Anzi. Lo spiega bene la giornalista Nesrine Malik nel libro We need new stories: «Il mito di un politicamente corretto che sacrifica il libero pensiero per uniformarlo all’eccessiva sensibilità verso il genere, la razza e l’orientamento sessuale è il più vecchio e certificato dei miti politici contemporanei […]. Lo scopo di questo mito è di minare ogni sforzo di cambiamento, presentandolo come un sabotaggio, un attacco a una società che è fondamentalmente sana e non ha bisogno di essere riformata.»
Io non sono poi così sicura che la società sia sana e che non abbia bisogno di essere riformata, ecco. Anzi, non lo sono affatto.
Attualità
Twitter:
giovedì 21 Novembre 2024