Venezia non è solo un pesce
Venezia non appartiene a nessuno se non a se stessa. Non è della terra e non è del mare. Non è dei suoi sempre più risicati abitanti così come non è dei suoi sempre più numerosi turisti. Eppure tutti coloro che vi si avvicinano credono di capirla e conoscerla. “Venezia è bella ma non per viverci”, recita un famoso luogo comune. Io ho avuto la fortuna di risiederci per sei anni e quello che segue è il resoconto di ciò che mi ha lasciato.
Venezia è spiritualità confusa. Il mese di settembre è, insieme a maggio, uno di quelli in cui la città dà il meglio di sé. Lì dove in altri luoghi del nord Italia il sole è già pallido, qui è ancora luminoso, caldo e accogliente. Si sosta volentieri a bordo Canal Grande per assistere alla Regata Storica. Invita a girovagare tra calli e fondamenta senza una meta precisa, a perdersi tra di esse come un esploratore in cerca d’avventura. Ma appena iniziano i primi freddi, dall’acqua risale una nebbia soffusa che vela lo sguardo e lo confonde. Ciò che prima sembrava conosciuto diviene alieno e così ci si perde in nuove prospettive che infondono di rinnovato significato. La città si riempie di un’atmosfera mistica e raccolta che ben si sposa con la sentitissima Festa della Madonna della Salute.
Venezia è gelo ardente. Le case sorgono dalla laguna attraverso fondazioni su pali lunghi e appuntiti, conficcati in profondità alla ricerca di un solido legame con la terra. Alla base il bianco dell’impermeabile pietra d’Istria si staglia sui colori accesi degli intonaci. All’interno i solai sono resi elastici dalla pavimentazione a terrazzo veneziano in modo da cullare i suoi ospiti al ritmo delle oscillazioni del mare. Le finestre dalle forme arabeggianti e le altane sui tetti un rimando costante all’illustre storia della Serenissima. Ma in inverno la necessità di quest’insostenibile leggerezza si traduce in freddo penetrante. È allora che arrivano in soccorso le conturbanti frittelle ripiene di Tonolo e il turbinio variopinto del Carnevale.
Venezia è libertà serena. Appena si intravede la bella stagione, le calli e i canali tornano a popolarsi. È un continuo via vai di persone, carretti, barche e gondole. Iniziano i primi Bacaro Tour lungo Strada Nuova, le passeggiate lungo il Canale della Giudecca fino a Punta della Dogana, per poi fermarsi sulla sommità del ponte dell’Accademia e permettere allo sguardo di perdersi in lontananza dove il Canal Grande diventa Bacino di San Marco. E ancora la Piazza di notte, con le sue luci, i suoi riflessi e la sua pace.
Venezia è calore refrigerante. La terza domenica di luglio, a metà di un’estate grondante sudore, arriva la festa più amata e sentita dai Veneziani: il Redentore. Le persone bivaccano lungo le fondamenta, le barche riempiono i canali, ovunque si respirano gioia e attesa. Un ponte galleggiante viene costruito tra la città e l’Isola della Giudecca. E al culmine della serata esplodono i fuochi d’artificio: un doppio gioco di luci e colori che collegano cielo e mare.
Venezia è duplicità e contrasto. È luce e ombra. È realtà e riflesso. È amore e odio. Ma il punto è proprio questo: che sia in positivo o in negativo, Venezia ti entra dentro, si fa breccia nel tuo animo e lì resta con la sua unicità e la sua molteplicità.
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giovedì 21 Novembre 2024