Valorizzazione del territorio: Francesco Gubert rende nobili i formaggi di montagna
Francesco Gubert, trentasettenne settimo di nove figli, è trentino di origine ed ha studiato al liceo classico Prati di Trento. Successivamente ha optato per un cambio di rotta, proseguendo con la triennale a Bolzano in scienze agrarie e continuando con la specialistica a Vienna e in Nuova Zelanda. Durante il dottorato in Austria ha però compreso che non stava seguendo la “sua” strada e si è rifugiato nelle Alpi Svizzere per una prima esperienza stagionale come casaro (malgaro), a mungere mucche e come aiutante per la produzione di formaggi. Per la seconda stagione è ritornato in Trentino per un’esperienza impegnativa sia sul piano lavorativo che psicologico.
Gradualmente si è “avvicinato” in maniera particolare ai formaggi d’alta quota e, operando in questo mondo, ha cercato di ritagliarsi un ruolo diverso dal classico produttore: vuole raccontare il formaggio di malga ed emozionare attraverso l’esperienza sensoriale di questo prodotto.
È diventato quindi docente dell’ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di formaggi), per lavorare come comunicatore in ambito caseario. Parallelamente porta avanti la sua libera professione come dottore agronomo: si occupa di produzioni zootecniche (pascoli, prati, gestione del territorio) e della parte emozionale che riguarda il racconto del formaggio nelle sue mille forme e storie.
Francesco, ci racconti di preciso in cosa consiste il tuo lavoro?
Sono dottore agronomo iscritto all’albo. Cerco di fornire al settore zootecnico strumenti, soprattutto tecnici, per la migliore gestione della filiera. Parallelamente sono un divulgatore: faccio corsi di formazione per addetti al settore (come i casari di malga), corsi per chi vende il formaggio (banconisti…), per chi usa il formaggio come ingrediente (es. ristoratori), lavoro nelle scuole alberghiere per i futuri cuochi e lavoro tanto con i consumatori (con chi apprezza questo prodotto come ricchezza degustativa) con corsi di avvicinamento, cene a tema, degustazioni, corsi di caseificazione domestica (insegno alle persone a farsi il formaggio a casa con qualche ricetta semplice). Dove c’è il formaggio io mi inserisco per farlo apprezzare e per comunicare il suo valore.
La tua esperienza. Come si entra in un settore così specifico?
Non è stato facile. Il formaggio soffre di mancanza di valorizzazione. Se pensiamo a vino, distillati, miele, pane, birra, nascono da settori che nascono poveri e legati al mondo contadino, ma hanno fatto dei percorsi di nobilitazione: da un prodotto agricolo si è arrivati ad una percezione di valore elevata. Il formaggio è rimasto un po’ indietro: il settore ha bisogno di superare il concetto di formaggio come bene di consumo. La mia missione, quindi, è quella “nobilitare” il mondo dei formaggi di montagna.
Parlaci delle tue prospettive…
Attualmente racconto di formaggi trentini ma la mia prospettiva è quella di raccontare anche altri territori. In un futuro, spero non troppo lontano, vorrei che il formaggio di montagna venisse considerato una delle perle rare e preziose del nostro territorio. Sto lavorando su tanti fronti e a mesi dovrebbe uscire un progetto che sto portando avanti con il fotografo Marco Simonini e l’artista Nina Pedrinolla: sarà un racconto a tre voci sulla ricchezza e la diversità che caratterizza il mondo delle malghe da formaggio. Ci sono in ballo eventi, corsi e molto altro. Se vogliamo che la nostra montagna abbia un futuro non possiamo esimerci dal raccontarla, per portare a casa un valore non solo economico ma un valore complessivo di biodiversità, paesaggi, ambienti e passione per il territorio. Teniamo viva la nostra montagna, perché la montagna è bella quando è viva!
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venerdì 14 Marzo 2025