Una missione in Africa
Nonostante il riconoscimento globale e nazionale dei diritti dei bambini, l’Africa sta ancora affrontando molti problemi come la povertà, la mancanza di acqua potabile e la violenza brutale contro persone di ogni fascia d’età. Avevo 19 anni quando sono andato in Kenya per la prima volta, con l’associazione: “Amici di Matiri; un ospedale per Tharaka”.
Il Kenya è un paese con paesaggi spettacolari, spiagge di sabbia bianca, montagne incredibili ed enormi parchi nazionali che ospitano migliaia di animali. Ma soprattutto è un luogo abitato da persone gentili e curiose, appartenenti a più di 50 tribù, che parlano molte lingue diverse e hanno varie religioni e tradizioni. Dal momento in cui sono arrivato, ho fatto del mio meglio per “essere nel gioco” il più possibile nel gruppo di cui ero parte, anche se io ero l’unico a non essere un medico o un infermiere.
Il secondo giorno ho incontrato Rita, una donna italiana che ha adottato circa una trentina di bambini africani ed ha iniziato a vivere lì con loro. Rita mi ha presentato un altro italiano di nome Omar, che ha lasciato l’Italia quando era giovane e ha iniziato una nuova vita a Matiri. Omar e io abbiamo lavorato insieme ogni mattina per costruire nuove case per i bambini: ricordo ancora quanto fosse duro e faticoso, a causa dell’alta temperatura e dei pesanti mattoni da sollevare.
La parte più divertente del viaggio è stata trascorrere i pomeriggi con i bambini di Rita, aiutarli a fare i compiti o giocare insieme a calcio. Passare quasi un mese in Kenya camminando per le strade rosse e non asfaltate di Matiri mi ha fatto pensare a come il nostro stile di vita sia diverso e a quanto avessi sempre desiderato vivere esperienze come questa.
Una volta, a causa del clima caldo e della mancanza di precipitazioni, non abbiamo potuto usare acqua per circa quattro giorni. Inoltre, anche se avevamo ancora provviste rimaste dalla prima spesa, dovevamo stare molto attenti a non sprecarle. Vivere senza acqua corrente ed elettricità costante fa riflettere su quanto una buona assistenza sanitaria e docce con acqua calda non siano la normalità per tutti.
Quest’ esperienza mi ha influenzato in tanti modi e ho compreso che molte persone si propongono di andare nei paesi in via di sviluppo perché desiderano rendere il mondo un posto migliore, o almeno cercare di portare un cambiamento. Ritengo però che non sia sempre così e uno dei rischi è che anche la popolazione locale potrebbe pensare che i cosiddetti aiuti umanitari siano spesso motivati da altro piuttosto che dalla generosità, e che siano spesso inutili.
In fondo l’unica cosa che puoi cambiare veramente è te stesso e la tua routine di vita.
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venerdì 14 Marzo 2025