Studiare o lavorare? Come posso trovare la mia strada?
Finiti gli studi meglio cercare subito un’occupazione, magari accontentandosi di ciò che arriva, o approfondire sempre più la propria formazione per cercare di rimanere il più possibile nel proprio ambito? Difficile, su due piedi, trovare una risposta. Senza continua formazione si rischia di essere risucchiati nel vortice della “non specializzazione” ma, senza occupazione, il rischio è non sviluppare competenze decisamente importanti, rimanendo esclusi dalla nota categoria “con esperienza”, indicata a caratteri cubitali sugli annunci lavorativi.
Se ora chiedessimo a più neolaureati quanti di loro fanno il lavoro che avrebbero voluto, sicuramente avremmo risposte molto poco soddisfacenti. Non c’è dubbio che la cultura, la formazione e l’istruzione aiutino a stimolare la mente, lo spirito critico e l’innovazione, ma come va a finire quando la teoria si scontra con la vita reale?
Ormai la maggior parte dei ragazzi, al termine della scuola superiore, decide di continuare gli studi iscrivendosi all’università: c’è chi vuole diventare avvocato, chi medico, chi ingegnere o altro. E spesso quando si sceglie un percorso formativo si cerca per lo più di inseguire l’idea del come ognuno si vede in futuro oppure, ipotesi peggiore, del come vorrebbero vederlo gli altri. A tal proposito, c’è una frase che mi sovviene, tratta dal film The Big Kahuna: “Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita. Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco, ancora non lo sanno”.
Forse la scelta migliore che possiamo fare per conoscerci e per scoprire le nostre attitudini è sperimentare, approcciarsi a diversi ruoli, a diversi ambienti e a diverse situazioni, cercando la passione in ciò che si fa e magari scoprendo di conseguenza ciò che si è. L’ambito ha valore relativo, non importa neppure l’andare “fuori percorso”: che sia in un bar, in un’ attività di volontariato o in qualsiasi altro ambito, ogni esperienza affrontata con umiltà rientrerà per sempre nel nostro bagaglio.
Per cercare conferme al mio pensiero, ho voluto porre una domanda a cinque imprenditori in ambiti differenti: «Cosa guardate quando ricevete il curriculum di un giovane neolaureato?». La risposta è stata sempre più o meno la stessa: «Guardo quanto tempo ci ha messo a conseguire la laurea e le esperienze ha fatto. La voglia di lavorare e l’aver testato ambienti, situazioni e lavori che possono anche non avere nulla che fare con ciò che facciamo qui sviluppa quella marcia in più che cerco per la mia azienda».
Volendo trarre una conclusione, si evince quindi l’importanza di affiancare allo studio tutta quella serie di esperienze – che talvolta possono apparire addirittura fuorvianti – capaci di formarci anche dal punto di vista “pratico” ed in grado di consegnarci la preziosa consapevolezza delle nostre attitudini e, ancor di più, della nostra essenza.
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giovedì 26 Dicembre 2024