Solitudine non è malinconia
La solitudine non è malinconia
Un uomo solo è sempre in buona compagnia
(Giorgio Gaber)
“Soli è bello, o è una scelta obbligata?” domandava #LaSfida di UnderTrenta qualche tempo fa, riferendosi in particolare alla crisi della vita di coppia e della famiglia tradizionale.
Quasi sicuramente basterebbe rispondere con una canzone: “C’è solo la strada” di Giorgio Gaber. Perché Gaber aveva capito tutto, come al solito. Tuttavia, tanto per guastare un po’ quell’aura di perfezione che aleggia attorno ai brani gaberiani, si può aggiungere qualche riflessione sparsa.
Anzitutto, bisogna partire da una premessa fondamentale: non esiste una famiglia tradizionale. La famiglia è un nucleo più o meno ampio di persone che si amano, e ogni realtà è diversa. In buona sostanza, in ambito familiare qualsiasi tipo di etichetta è superfluo, oltre che limitante.
Accettato questo punto di partenza, è facile capire quanto sia fuorviante credere che il percorso di un individuo debba necessariamente sfociare nella costruzione di una propria famiglia, quasi fosse l’unica via per realizzarsi davvero. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che fin dall’infanzia si cresce con un’immagine stereotipata dell’amore, secondo la quale una persona può essere felice solo nel momento in cui trova “l’anima gemella”. Un po’ dispiace demolire trame secolari di principi e di principesse che vissero felici e contenti, ma è giunta l’ora di fare tabula rasa su ciò che riguarda queste definizioni (inutilmente banali, almeno in una società laica) di amore.
In primo luogo, perché non tengono conto dell’infinita varietà che (per fortuna) abita questo mondo. In secondo luogo, perché l’amore per sé stessi non è meno importante. Anzi, si dice che per amare serenamente altre persone (cioè senza che si creino meccanismi di dipendenza psicologica) si debba prima avere cura di sé. E un fondo di verità c’è senz’altro. In terzo e ultimo luogo, perché appartengono a una mentalità tossica, la stessa che spinge a ritenere “sbagliate” le donne che non hanno figli o “incompleti” gli uomini soli. Senza contare che stare da soli non significa necessariamente sentirsi soli.
Se a scuola si cominciasse a fare seriamente educazione all’affettività, certe ansie o paure (compresa quella di restare soli, appunto) sarebbero molto più semplici da capire e conseguentemente anche da gestire. Nel frattempo, però, cominciamo a liberarci degli schemi precostituiti: alla vita, imprevedibile com’è, stanno solo stretti.
Approfondimenti
Twitter:
giovedì 26 Dicembre 2024