“Se la Terra muore”
«A mio padre che non vuol andare sulla Luna perché sulla Luna non ci sono fiori né pesci né uccelli. A Teodoro Freeman che morì ucciso da un’oca mentre volava per andar sulla Luna. Ai miei amici astronauti che vogliono andar sulla Luna perché il Sole potrebbe morire».
Inizia così “Se il sole muore”, libro col quale la giornalista Oriana Fallaci ha raccontato la preparazione della missione statunitense sulla Luna negli anni Sessanta. Proprio mentre iniziavo a leggere questo romanzo, ho scoperto che tra luglio e agosto sarebbero partite le missioni organizzate da Stati Uniti (“Perseverance”), Cina (“Tianwen-1”) ed Emirati Arabi Uniti (“Hope”) per Marte. Quella russo-europea, invece, è stata rinviata al 2022. Neanche un nanosecondo che già mi galleggiava nella testa una domanda: ma chi pensa a Marte, oggi? Con una pandemia in corso e con l’incertezza con la quale molte persone guardano al futuro, chi sente davvero “sua” una missione su Marte? Chi si entusiasma, chi s’interessa?
Negli anni Sessanta tutto sembrava possibile: si era in pieno boom economico, l’eco della Seconda Guerra Mondiale si stava piano piano allontanando e si camminava a grandi falcate verso l’avvenire. Nelle pagine della Fallaci si può percepire tutto ciò, e mentre suo padre è l’”uomo ancorato alla Terra”, che non vede di buon occhio l’avventura dell’uomo nello spazio, lei è la giovane aperta a un futuro dove, come scrive, si riuscirà ad andare sulla Luna come prima ci si spostava all’interno dell’Europa: in un battibaleno. Se all’inizio del testo è forte la tensione tra le idee di Oriana e quelle di suo padre, nel corso di “Se il sole muore” Oriana non ha più dubbi: lei sta dalla parte del futuro, dalla parte degli astronauti.
E oggi? Uno dei tre Paesi protagonisti delle missioni marziane, gli Stati Uniti, è tra quelli più colpiti dalla pandemia di Covid-19: negli ultimi 14 giorni, stando ai dati forniti il 24 agosto, 657.747 casi hanno colpito gli Stati Uniti.
Un’altra differenza rispetto agli anni Sessanta è l’emergenza ambientale, che ci interroga sulla cura che abbiamo avuto della Terra finora: come facciamo ad andare su Marte se non sappiamo occuparci di quella che Papa Francesco ha definito la nostra “casa comune”? Un dato importante è quello dei “Country Earth Overshoot Days”, i giorni in cui le risorse terrestri finirebbero se tutti adottassero lo stile di vita e di consumo di un determinato Paese. Questi giorni non corrispondono mai al 31 dicembre, anzi, si avvicinano sempre di più all’inizio dell’anno: se tutti vivessero come gli Italiani, l’”Earth Overshoot Day” sarebbe caduto quest’anno il 14 maggio. Se tutti adottassero lo stile di vita degli Stati Uniti, invece, quel giorno sarebbe arrivato prima, il 14 marzo.
Mentre finivo di leggere le ultime parole del romanzo di Oriana Fallaci, questi dati attraversavano la mia testa accompagnati da un’espressione che ultimamente ho sentito spesso: senso del limite. La pandemia ci ha costretto a fare i conti con la nostra finitezza in quanto esseri umani. Forse è ancora presto per affermare che questo ci abbia aperto gli occhi anche per quanto riguarda la cura della nostra “casa comune”. Mentre leggo le notizie che circolano in rete sulle spedizioni su Marte, mi domando quanto c’entrino con la nostra vita, oggi, queste spedizioni. Oggi che a morire potrebbe essere la Terra.
Approfondimenti
Twitter:
domenica 22 Dicembre 2024