Outlaw Ocean Project: che cos’è veramente il mare oltre l’orizzonte

Quando l’umanità ha cominciato ad avere coscienza di sé stessa, il mare era già da tempo un elemento imprescindibile nelle nostre vite. Portatore di misteri, tesori, paura e sogni, romanticizzato come pochi, il Grande Blu riesce nell’essere una fonte di lavoro per 50 milioni di persone e, allo stesso tempo, nel coprire due terzi di quella che è la superficie totale della Terra. È anche per le sue maestose dimensioni che non c’è ancora riuscito di scoprirlo tutto, per quanto la scienza si addentri ogni anno di più nei fondali marini, che sia per la sete di sapere o per interessi economici, quando in pratica – come società – non siamo consci nemmeno di quanto succede sulla superficie dell’acqua, poco oltre l’orizzonte: proprio per raccontare quello che è davvero il mare oggi, è nata la joint venture giornalistica “Outlaw Ocean Project”. Arrivare ai confini del mondo – come in Portogallo nello scenico Cabo da Roca o a Gibilterra di fronte alle Colonne d’Ercole – può essere un’esperienza turistica formidabile, ma per ribaltare la prospettiva su tutto l’ascendente che il mare è capace di farci, basterebbe guardare uno degli episodi della serie ideata dal giornalista Ian Turbina, la  mente dietro il progetto, che – nel pieno spirito del giornalismo collaborativo – è riuscito a coinvolgere 25 giornali in giro per il mondo.

Le acque di cui il progetto giornalistico racconta sono principalmente, come era già possibile presagire, quelle più famigerate: le acque internazionali, un posto diventato leggendario per via della proverbiale “assenza di leggi”. Quel che c’è di vero è che una legge uniforme che copra il mare non è possibile, sono terre “di tutti, quindi di nessuno”, ma ogni nave ha l’obbligo di seguire la legge dello stato di cui riporta la bandiera e, quasi, tutte le navi del mondo seguono a loro volta la regola per cui tutti sono tenuti a perseguire i crimini legati alla pirateria. Il fenomeno della pirateria – quindi crimini avvenuti nelle High Seas, generalmente di stampo violento – è saltato all’attenzione del nostro stato con il celebre caso dei Marò, ma è qualcosa che va in scena quotidianamente, non è nemmeno l’unica circostanza da attenzionare: quella più “grave”, perlomeno dalla nostra prospettiva e rimanendo su temi nostrani, è quella dell’altissimo flusso di migranti e la sua relativa gestione. Una delle tante inchieste del Project è stata proprio legata agli sbarchi di migranti in Italia, in arrivo dalle coste libiche. Da più di dieci anni gli accordi con la Libia, arrivati sia a livello statale che a livello europeo, risultano in una costante violazione del diritto internazionale: come documentato dallo stesso Turbina, chi fallisce il viaggio della speranza, rischia di essere o abbattuto in alto mare o catturato dalla guardia costiera libica, che ha in dotazione, come da filmati dell’ONG Sea Watch realizzati ne 2021, una serie di motovedette fornite dallo stato italiano. Una volta avvenuta la cattura, i migranti finiscono in una serie di prigioni dove le condizioni sono totalmente disumane, è il perfetto esempio di come il diritto dei migranti di non essere rinviati verso una zona definita come “non-sicura”, venga completamente violato.

Oltre la disastrosa gestione dei flussi migratori, possiamo dire – con certezza – che il mare ne ha per tutti i gusti: partendo dal fenomeno della pesca illegale operata dalla, tanto poderosa quanto illecita, flotta cinese, passando per Sealand – la nazione marittima più piccola al mondo, un’Isola delle Rose molto british – e concludendo con il caso delle Women on Waves, un gruppo di medici che rende possibile la somministrazione di pillole abortive e interruzioni volontarie della gravidanza per le donne che provengono da paesi in cui è proibito. Tra le situazioni documentate, quella che, invece, dovrebbe avere più attenzione mediatica e sociale, è  senza dubbio quella relativa al cambiamento climatico, perché l’oceano si sta trasformando in una infinita discarica, dove ogni rifiuto diventa lecito e risalire ai proprietari è pressoché impossibile, portando ad una rottura nell’equilibrio millenario che regna sul mare: la terra ferma non è mai stata abbastanza per l’uomo, specialmente quando si tratta di inquinare.

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lunedì 30 Dicembre 2024