Nuovi modelli educativi tra ChatGPT e digitale

Mai come negli ultimi anni il digitale è diventato parte integrante delle nostre vite fornendoci strumenti potenti e pericolosi allo stesso tempo. Non c’è da stupirsi quindi se anche il Festival dell’Economia di Trento 2023 affronti questo argomento in un panel organizzato in collaborazione con la Fondazione Demarchi.

L’Intelligenza Artificiale nasce nel periodo della Guerra Fredda e da quel momento la sua narrazione diviene più efficace di quella dell’umanità, facendo sorgere ai giorni nostri due linee di pensiero antitetiche: coloro che la percepiscono come aliena, privando l’uomo di ogni responsabilità, e i tecnopositivisti che vedono nella tecnologia la risoluzione ad ogni male.

Software come ChatGPT sono strumenti persuasivi che utilizzano un pensiero strategico, ma in realtà non sono altro che esempi di calcolo computazionale statistico. “È un sistema che dato un insieme di parole trova la successiva più probabile, frutto di un percorso lungo e costoso di inserimento di testi e di interventi manuali per renderlo sempre più raffinato. Non mi piace l’idea dell’antropomorfizzazione della macchina: è un insieme di dati molto lontano dal sostituire l’uomo”, spiega Sara Tonelli, Responsabile del gruppo di ricerca in Digital Humanities della Fondazione Kessler.

Pensando al mese in cui il software è stato reso inutilizzabile nel nostro Paese, si entra nel pieno del dibattito sulla tutela dei dati degli utenti, che vede come protagonista il Garante per la protezione dei dati personali, Guido Scorza. “L’innovazione non è un fine ma un mezzo per accrescere il benessere collettivo. Nessuna forma di progresso può essere fermata ma va regolamentata in modo da rispettare i principi di trasparenza e di libertà di negare il consenso all’uso dei propri dati da parte del cittadino europeo: non c’è antagonismo tra innovazione e regole”.

Forse anche per questo però la maggior parte delle Big Tech sono extraeuropee, come fa notare l’avvocato e membro del Nexa Center Polito Carlo Blengino: “La tutela dei diritti ci ha impedito di sviluppare la stessa tecnologia. Ogni intervento legislativo crea una conseguenza di profitto, tant’è vero che i modelli Open Source sono i primi a chiedere una regolamentazione per poter guadagnare e l’UE sta inconsapevolmente agevolando questo sistema. Il problema educativo digitale non è legato tanto alla scuola quanto alla classe dirigente”.

Sull’ignoranza tecnologica gli fa eco Stefano Moriggi, Docente di Tecnologie della Comunicazione UNIMI: “Saper dominare le potenzialità di uno strumento digitale non implica che lo si sappia contestualizzare: in Italia manca la cultura della tecnologia anche da un punto di vista comunicativo. L’AI nasce come slogan per ricevere fondi di ricerca, ma tutte le forme di apprendimento partono dall’uso della tecnologia: non dimentichiamoci che anche il libro è stato un dispositivo tecnologico potentissimo soprattutto nelle scuole, per questo esse devono mettersi in discussione in maniera seria e non stare sulla difensiva”.

Tutti sono però concordi nel riconoscere potenziali criticità nell’uso di strumenti come ChatGPT, dal rischio di costruire un futuro che parta dalle scelte del passato senza alcuna possibilità di riscatto fino alla possibilità che il software diventi sempre più performante a differenza di chi ne fa uso. Non va utilizzato come fosse un oracolo: non fornisce verità, bensì genera contenuti che vanno affrontati con senso critico. Per dirla con Scorza: “Siamo più impegnati ad educare gli algoritmi a conoscere l’uomo che non l’uomo a conoscere gli algoritmi”.

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lunedì 30 Dicembre 2024