“Ditelo con i fiori”: Penelope, la sua tela e il “Non ti scordar di me”
Penelope attende che Ulisse torni a casa, dopo mille peripezie, dopo un’intera Odissea. Sembra quasi che l’eroe greco, che si spinge oltre le Colonne d’Ercole per seguir virtute e canoscenza, le abbia praticato una sorta d’incantesimo. Quale donna aspetterebbe per vent’anni il ritorno di un uomo che, al suo rientro, non sceglie la strada più breve per tornare a casa ma, anzi, si fa incantare dalle sirene? La risposta è, per usare un francesismo molto efficace, una fessa. Oppure, magari, una donna molto ma molto innamorata (o drogata?) a cui è stato donato (o fatto ingurgitare?) un “Non ti scordar di me”.
Il “Non ti scordar di me” è un fiorellino selvatico piccolo ma letale, perché è considerato simbolo del ricordo, dell’amore e della speranza. Insomma, una combinazione che si è rivelata deleteria per Penelope che, dopo averlo colto, non si è ricordata di dimenticarsi di Ulisse. Succede così che una donna rimanga vent’anni ad aspettare un uomo. Una donna bella e intelligente, con un nutrito gruppo di pretendenti, che lei puntualmente allontana perché deve tessere una tela. Verrebbe da prenderle la faccia tra le mani, stringerla forte e dirle: “Certo, ma la tela a un certo punto devi smettere di tesserla, ci deve essere una fine, diamine, non è mica come New York vista da Novecento, il pianista sull’oceano raccontato da Alessandro Baricco!”. Penelope è talmente fessa, però, che quella tela continua a farla e disfarla. Solo così avrà un alibi che allontanerà tutti i suoi pretendenti. Un modo per dire: “Scusate, sono troppo impegnata a tessere per potermi interessare anche solo a uno di voi”.
Torniamo però al “Non ti scordar di me”. (E, tra parentesi, ovviamente non è vero che Penelope abbia mai ricevuto o ingurgitato questo fiore; si tratta di una semplice illazione.) Una leggenda tedesca racconta che due innamorati, passeggiando lungo il Danubio, abbiano osservato tra la corrente questi fiorellini azzurri, che solitamente crescono in montagna. A quella donna probabilmente i fiori piacevano molto, tanto che il suo innamorato si sporse per raccoglierli. Non fece tanta attenzione, però, se finì dritto in acqua, trasportato dalla corrente, come nei fumetti, ma proferendo parole d’amore, come nei migliori romanzi rosa. Le parole esatte furono queste: “Non ti scordar di me”. La fanciulla, che in cuor suo si struggeva d’amore, da quel momento ebbe un ulteriore incentivo: come resistere a un uomo che ti dice “Non ti scordar di me”? E fu così, appunto, che il semplice “Myosotis” – un elegante nome greco che traduce una meno elegante perifrasi italiana, “orecchie di topo” – divenne il “Non ti scordar di me”.
La pianta, secondo quanto compare da una piccola ricerca su internet, non è tossica, almeno fino a quando non la si assume superando le dosi consigliate. Probabile che Penelope, oltre alla tela, si tenesse stretto anche un cofanetto pieno di “Non ti scordar di me”, per permettere all’incantesimo di durare vent’anni. Quell’altro, intanto, si divertiva a superare le colonne d’Ercole, si faceva abbindolare dalle sirene e consolare da Nausicaa. Penelope, la prossima volta “drogati” di meno e viaggia di più. Vai alla guerra, come suggerisce il titolo di un romanzo scritto da Oriana Fallaci nel 1962.
Post Scriptum: Comunque, seriamente, il “Non ti scordar di me” è un fiore bellissimo.
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domenica 22 Dicembre 2024