Innamorarsi della lettura

L’amore per la lettura si “impara” da piccoli. O, quanto meno, finché si frequenta la scuola. È davvero difficile “imparare ad amare” i libri una volta entrati nel mondo del lavoro, quando siamo inesorabilmente allontanati dal “dovere” legato alla lettura. A quel punto dovrebbe subentrare il “piacere”, cioè lo stimolo che ci fa sfogliare un libro in ogni situazione possibile e impossibile: sul treno, in pausa pranzo, in una sala d’attesa.

Ecco, questo piacere viene (dovrebbe venire) dalla scuola. Purtroppo, la realtà è diversa: dati Istat alla mano (solo 4 italiani su 10 leggono almeno un libro all’anno), si è evidentemente creata una frattura da qualche parte nella formazione di studenti e studentesse. Il momento in cui “leggo un libro perché devo farlo”, che sarebbe dovuto diventare “leggo un libro perché mi piace farlo”, non esiste più e i libri sempre più spesso vengono lasciati sugli scaffali.

Quali possibili soluzioni? Credo che il problema riguardi in larga misura i programmi scolastici, cioè l’impostazione stessa del “fare scuola” in Italia. Dico “fare scuola” e non, ad esempio, “fare italiano”, perché la lettura non riguarda solo l’italiano, anche se questa materia – visto il monte ore – gioca il ruolo più importante della partita. È un discorso che si deve allargare a tutte le materie in cui è previsto lo studio di una letteratura: quindi anche inglese, la seconda e la terza lingua straniera (tedesco, francese o spagnolo), ma anche il latino e il greco, se vogliamo considerare l’orizzonte della scuola superiore.

La soluzione è rivedere gli attuali programmi di studio e scardinare il sistema delle antologie scolastiche che danno un’infarinatura di tutto, ma non lasciano niente. E, soprattutto, sono maggiormente legate al commento critico di un testo che al testo stesso. La parte di analisi del testo fagocita il testo stesso, specie quando il lettore si confronta con un autore famoso, non per forza complesso. Per cui gli studenti oggi sanno tutto (ma poi in realtà non sanno niente) circa il bifrontismo di Tasso o i tre periodi del “pessimismo” di Leopardi, ma non hanno mai letto che briciole dei due autori. Come si può convincere un ragazzo o una ragazza della bellezza della “Divina Commedia” se a scuola si leggono solo un paio di canti, ma centinaia di pagine di commento?

Credo quindi che una possibile soluzione sia snellire l’apparato critico attorno ai testi di un’antologia, rimpolpare i testi stessi e, anzi, aggiungerne di nuovi da tante opere diverse. Il paragone potrà essere azzardato, ma ci si innamora davvero di una persona solo frequentandola assiduamente e personalmente. Ecco, lo stesso vale per la lettura.

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giovedì 30 Gennaio 2025