Giovani e lavoro: diventare psicoterapeuta, il percorso di Benedetta e Beatrice Angela

Benedetta Giacomozzi, 33 anni, psicologa specializzata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione e specializzanda in psicoterapia cognitivo comportamentale e Beatrice Angela Menapace, 33anni, psicologa specializzata in gestione delle risorse umane e specializzanda in psicoterapia cognitivo comportamentale ci raccontano il percorso che le ha portate a raggiungere il loro obiettivo professionale.

Quando parliamo di psicoterapia a cosa ci riferiamo di preciso?

«La psicoterapia è una pratica terapeutica esercitata da un professionista, laureato in Psicologia o Medicina e Chirurgia, che abbia acquisito una specifica formazione post laurea e abilitato a trattare disturbi psicopatologici attraverso strumenti non farmacologici. Lo scopo della psicoterapia è quello di promuovere un cambiamento tale da alleviare in modo stabile la sofferenza emotiva».

Ci parlate del percorso di studi per diventare psicoterapeuta?

«Per conseguire il titolo di psicoterapeuta il percorso è il seguente: laurea magistrale in Psicologia (quinquennale), un anno di tirocinio professionalizzante post laurea, superamento dell’Esame di Stato, iscrizione all’ Albo degli Psicologi, conseguimento di diploma presso una scuola quadriennale di specializzazione in psicoterapia riconosciuta dal MIUR secondo la normativa vigente. Per ottenere il titolo di psicoterapeuta sono quindi richiesti 10 anni di studio post-diploma. Sia la formazione universitaria che di specializzazione richiedono studio costante, superamento di esami per la verifica dell’apprendimento e tirocini supervisionati da professionista senior».

Che indirizzi di psicoterapia ci sono e come scegliere quello più adatto?

«Tra i più diffusi vi sono l’orientamento psicodinamico, cognitivo comportamentale e sistemico relazionale ma questi sono solo alcuni dei molti modelli di riferimento. Tutti, nonostante le differenze nei paradigmi, perseguono l’obiettivo del superamento della sofferenza psico emotiva. Il nostro approccio è quello cognitivo-comportamentale: in estrema sintesi, parte dal presupposto che il nostro modo di agire e di sentire (comportamenti ed emozioni) siano dettati dal nostro modo di pensare. Col tempo, in funzione del temperamento di ognuno e della propria storia di vita, alcuni nostri pensieri diventano talmente automatici che non ci facciamo neppure più caso, col rischio a volte di far diventare disfunzionali ed automatici anche certi nostri comportamenti (pensiamo ad esempio ad una persona particolarmente incline alla rabbia, o ad una molto ansiosa). Il nostro lavoro consiste nel “dare voce” a questi pensieri, provando a non darli più per scontati, ma mettendoli in discussione e trovando delle alternative più adattive per leggere sé stessi, gli altri e il mondo».

Avere uno studio alla vostra età: quando avete iniziato e com’è lavorare “in proprio”?

B: «Abbiamo iniziato a piccoli passi: ho aperto lo studio nel 2018, ma sentivo l’esigenza di condividere il lavoro con altro collega e ho subito pensato a Beatrice. Il lavoro in proprio è ricco di sfide: devi crearti il tuo “mercato”, farti conoscere e poi saper aspettare, ma soprattutto è importante creare una rete di collaborazioni».

Molti giovani si rivolgono a voi per chiedervi consigli…

«Certamente, spesso le richieste riguardano l’università, le prime esperienze di lavoro e i rapporti interpersonali con l’altro sesso. Quello di cui ci siamo accorti, soprattutto in questo momento storico di emergenza sanitaria, è che le situazioni di isolamento e destrutturazione possono mettere in difficoltà i ragazzi».

C’è un consiglio che vorreste dare ad un giovane culla il sogno di diventare psicoterapeuta?

«Consigliamo di prendersi del tempo per riflettere sulle proprie possibilità, obiettivi, passioni e propensioni. Il lavoro di psicoterapeuta richiede un continuo aggiornamento che va oltre alla lunga formazione e all’aderenza a principi deontologici per garantire la promozione del benessere della persona. Serve una grande capacità nel saper osservare l’altro ma anche sé stessi: sapersi osservare significa sapersi mettere in discussione e questo a volte può essere faticoso e anche doloroso ma è un percorso di crescita estremamente arricchente e stimolante».

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mercoledì 13 Novembre 2024