Anche la sera ha l’oro in bocca

Siamo stati (pressoché) tutti cresciuti con l’idea che svegliarsi presto sia la chiave del successo, poiché «chi dorme non piglia pesci».

Questa credenza era ben radicata già ai tempi di Aristotele (e forse anche prima), che ne L’Economico scriveva: «Svegliarsi prima dell’alba è raccomandabile e costituisce una sana abitudine». Differenti studi, molto più “giovani” del filosofo greco, sembrerebbero confermare tale constatazione: uno d’essi, reperibile nel Journal of Personality and Social Psychology (1998), sostiene che, se di prima mattina si è attivi ed in grado di svolgere qualsiasi attività, nel corso della giornata si diventerebbe invece progressivamente più «passivi», facendo più fatica a svolgere quanto ci si prefissa. Secondo tale teoria bisognerebbe perciò riservare gli impieghi ritenuti più importanti alle prime ore del giorno, poiché si rischierebbe altrimenti di compiere tali azioni in maniera meno efficiente.

Tuttavia, se per molti «il mattino ha l’oro in bocca», per altri ce lo ha invece la sera: come giustificare però la maggiore produttività di quegli individui che lavorano meglio al calar del sole?

A volerlo indagare e spiegare ciò è stata Sunita Sah, scienziata comportamentale dell’università di Georgetown, la quale si è sempre dichiarata un «uccello notturno». Il suo studio, partito dal Journal (1998) e  durato ben cinque anni, ha analizzato il ritmo circadiano del corpo (ossia le finestre di sonno-veglia) e come quest’ultimo risponda alle sollecitazioni date da luce e buio. Secondo la studiosa, il ritmo del sonno non ha regole fisse e varia da persona a persona. Ciò smonterebbe la tanto professata “bontà” del mattino, poiché dimostra che l’energia che ognuno di noi ha (nelle differenti fasce orarie) è un qualcosa di unico: sarebbe infatti il nostro personalissimo orologio biologico a determinare il nostro «cronotipo».

Un cronotipo che non solo varia da individuo ad individuo ma che si diversifica anche a seconda delle fasce d’età: se adulti e bambini sono più attivi al mattino, adolescenti e «giovani adulti» prediligono invece la sera. Per scoprire se si é «uccelli notturni» o perfetti mattinieri, gli scienziati consigliano di andare a letto (per due settimane) quando si è stanchi e di alzarsi senza l’ausilio di alcuna sveglia.

Il cronotipo, tuttavia, non è l’unico componente che determina le nostre fasce di veglia predilette: anche ciò che viene definita «pressione del sonno» va ad incidere sull’energia che ognuno di noi ha. I mattinieri, spiega Sah, «sono molto fortunati», poiché «il loro cronotipo e la loro pressione del sonno sono ben allineati fra loro». Il problema si pone invece per i «notturni» che, anche se di mattina si svegliano, poiché la luce del giorno resetta il loro orologio circadiano, si ritrovano privi di energie e desiderosi di tornare a letto. La notte invece, seppur spinti dal buio ad andare a dormire, lottano contro una smisurata dose di energie. L’indagine di Sah mostra che siamo «persone differenti ad ore differenti della giornata» e che non vi è un momento della giornata più «virtuoso» dell’altro.

Il contrario di “mattiniero” non è forse più quindi “dormiglione” o “pigrone” (come recita Treccani), ma semplicemente «notturno».

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venerdì 14 Marzo 2025