Che cos’è la Bellezza?
Nella cultura arcaica il bello è tò kalón. Come spiega bene Umberto Curti, questo termine racchiude una polisemia: non si parla, per i greci, del bello in senso puramente estetico, bensì questo concetto è una sintesi inscindibile di vero, bene e bello, raffigurata nell’Iliade nella figura di Achille.
Non bisogna farsi fuorviare da Brad Pitt, icona di bellezza moderna per eccellenza, con occhi chiari, capelli biondi e fisico scultoreo che impersona l’eroe nel film “Troy”. Per Omero, Achille non era così, era kalós, perché mostrava ardimento nella guerra, un piano di vita che faceva emergere i veri valori di ognuno. Kalòn kagathòn pare essere la sintesi perfetta del pensiero greco: non esiste l’estetica pura e fine a se stessa, ma vi è sempre un carattere etico.
Per Platone, invece, è bello ciò che è bello, vi è un’idea di bello nell’Iperuranio a cui la nostra anima immortale attinge. Il bello non è assolutamente relativo, ma obbedisce all’idea iperuranica di bellezza.
“La critica del giudizio” di Kant riprende il concetto di bello, affermando che il bello è ciò che piace, avendo quindi a che fare con il sentimento, ma con caratteristiche precise. Deve esserci assoluto disinteresse nell’affermare che una cosa è bella e deve piacere indipendentemente dalla sua appartenenza a dei canoni già esistenti.
Umberto Galimberti, ai giorni nostri, riprende la frase di Heidegger “Denken als rechnen”: il bello è una categoria che fuoriesce dal nostro modo di pensare che ormai è unicamente un ragionare per calcoli. Capiamo subito cosa è utile, cosa è vantaggioso per noi e poi restiamo incerti su cosa sia bello, buono e vero. Queste categorie non sono infatti semplicemente riconducibili ad un calcolo matematico.
Non che la società odierna e passata non ci abbia già provato: le misure perfette, il peso ideale, le gambe dritte o storte. Pensiero logico analitico di un concetto come la bellezza che però non può essere (solo) matematica. Al giorno d’oggi siamo ai poli opposti del concetto di bellezza per i Greci e quello che ci propongono i social e media in generale sembrano stereotipi di bellezza fine a se stessa. I corpi magri e muscolosi, nessuna ruga, nessun segno di cellulite. Se poi ci fate caso, nella pubblicità della crema anti cellulite le donne che se la spalmano sembrano non averne alcun bisogno.
Negli ultimi anni sono molte le case di moda e i grandi marchi impegnati nel combattere questi ideali irraggiungibili. Parrebbe ancora lontana una società che non etichetta qualcuno solamente per il suo aspetto, ma che ne comprenda, per considerarlo nel suo insieme, anche i tratti caratteriali e l’intelligenza.
Quando si parla di Bellezza non ci si può esimere dal nominare il film nel quale è rappresentata maggiormente grazie agli scorci magici della Città Eterna: “La grande bellezza”. Eppure non è solo questo, per chi non si ferma all’apparenza, per chi vuole andare oltre ai conti della vita smisuratamente piena di Gep Gambardella. “Sono belli i trenini che facciamo alle nostre feste, sono i più belli di tutta Roma. Sono belli. Sono belli perché non vanno da nessuna parte”. Con i giochi di parole Roma, Roman, Ramona, figura chiave impersonata da Sabrina Ferilli, si guarda alla bellezza di oggi, un mix di esibizionismo, vanità, pettegolezzi, cinismo e superficialità. Mentre la grande bellezza, in connubio con la poesia, l’amore, l’innocenza, non trova spazio nel film e nel mondo.
“La dimensione emotiva delle nostre esperienze non è inficiata in alcun modo dalla conoscenza delle verità spesso terribili della condizione umana.
Finisce sempre così. Con la morte.
Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla…
È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura.
Gli sparuti, incostanti, sprazzi di bellezza.”
Twitter:
giovedì 21 Novembre 2024