Plai. A mountain path
Durante la serata del 3 maggio alla proiezione del film in concorso Plai. A mountain path è giunta a sorpresa la regista, Eva Dzhyshyashvili. L’occasione ha permesso la consegna del Premio Solidarietà Cassa di Trento – uno dei molti riconoscimenti paralleli alla competizione ufficiale del Trento Film Festival 2023 – fresco di assegnazione.
L’opera segue le vite di una coppia ucraina alle prese con le fatiche quotidiane nella loro piccola dimensione agricola e con i traumi lasciati dalla guerra in Donbas iniziata nel 2013 e mai davvero conclusasi. Allo scoppio del conflitto la regista si impegna a girare brevi reportage da Kiev: “Mi sono resa conto che molte persone erano costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie attività e che nonostante questo erano disposte a sacrificare non solo la propria quiete ma anche le loro stesse vite pur di combattere contro quella che da secoli il mio popolo percepisce come la minaccia più grande alla propria libertà”.
Così, tramite un amico, è entrata in contatto con questa famiglia, di cui ha documentato la vita nell’arco di sei anni. Dmytro ha perso una gamba durante uno scontro e di conseguenza sua moglie Hannusia è costretta a sobbarcarsi tutti le mansioni più impegnative in campagna, nella fattoria e nei boschi. Devono accudire i nipoti nei lunghi periodi in cui la figlia è costretta a soggiornare in Polonia per lavoro – la situazione nel Paese di origine è tale per cui, nonostante una laurea in economia, non ci sono possibilità d’impiego –. La maggior parte dello stipendio serve a comprare le medicine per il padre.
“Man mano che i bambini crescevano, iniziavano a porre domande sempre più scomode agli adulti, che sono risultate in riflessioni sulla guerra, sulla figura di Putin e sulla percezione che il popolo ucraino ha della Russia. Questa storia non riguarda solo il presente o gli ultimi dieci anni, sono due secoli che la Russia esercita fortissime pressioni sull’Ucraina. Ha cercato di distruggerci in tutti i modi possibili e se siamo ancora vivi è solo perché combattiamo per le nostre vite, per il nostro amore reciproco, verso la patria e i nostri figli. Per me questo film è sull’amore che resiste nonostante la guerra”, spiega la regista.
Il suo intento, sicuramente ammirevole, risulta però poco incisivo. La routine lenta e cadenzata della vita rurale, così simile a quella che devono aver vissuto anche i nostri bisnonni, non aiuta a catturare l’attenzione dello spettatore. Il tutto è poi ulteriormente appesantito dalle inquadrature piatte e dalla fotografia grigia e a tratti soffocante. Proprio i momenti di genuino affetto familiare – sicuramente i più riusciti – che si esplicano nel rapporto nonni-nipoti e nei compiti che ogni membro del piccolo nucleo familiare svolge con stoica dedizione e senso del sacrificio per il bene dei propri cari, sono quelli che più risentono dei numerosi dialoghi sul conflitto che spesso risultano più costruiti a tavolino che autentici e spontanei.
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giovedì 26 Dicembre 2024