Il vero numero uno

 

A fine corsa, ha affermato: “Se la mia carriera finisse ora, sarei orgoglioso dei risultati ottenuti”. E dei risultati ottenuti, Tadej Pogačar, può essere davvero orgoglioso: ad appena 24 anni ha già in saccoccia due Tour de France e 4 classiche monumento (il Giro di Lombardia l’ha vinto per due volte), oltre a una miriade di altre corse vinte e di podi ottenuti più o meno importanti. L’ultima vittoria è il Giro delle Fiandre, una delle classiche monumento più dure che il ciclismo abbia saputo partorire. La cosa che di Pogačar impressiona non è tanto (o non è solo) il numero di vittorie, ma la loro spettacolarità e la capacità del ciclista sloveno di essere competitivo su ogni tipo di percorso.

Chi mastica un po’ di ciclismo sa che per vincere un Tour de France – o un qualsiasi altro Grande Giro – servono delle caratteristiche fisiche di un certo tipo, mentre per risultare competitivi nelle classiche, specie quelle del Nord che sono durissime, servono altre caratteristiche: bisogna essere più robusti, più pesanti, avere un diverso tipo di resistenza e di capacità di rilancio e di controllo del mezzo. Non è un caso che quasi nessuno sia riuscito nell’impresa di vincere entrambi i tipi di corsa. Nel quasi, da domenica scorsa, c’è anche Tadej Pogačar. Ed è in bella compagnia, visto che uno degli altri due a riuscire a vincere il Tour e il Giro delle Fiandre si chiama Eddy Merckx. Non esattamente nessuno.

Impressiona poi il parterre di specialisti che Pogačar si è lasciato alle spalle. A cominciare da quel Mathieu van der Poel che ha già vinto il Fiandre due volte e due volte, considerando anche l’edizione di quest’anno, è arrivato secondo. Ecco, van der Poel è il prototipo del corridore di classiche: massiccio, statuario, pesante. Eppure anche lui ha dovuto arrendersi alla leggerezza (insostenibile, mi si perdoni la citazione) con cui Tadej Pogačar ha spianato i muri in pavé del Fiandre. Quando è così, è davvero ingiocabile.

La cosa che fa più paura di Pogačar è la maturità e la spietatezza con cui sta correndo da inizio anno. Alla spietatezza eravamo già abituati – è sempre stato cannibale, e molti lo accusano di questo. La maturità con cui controlla le corse è invece una novità, certamente figlia della scottata subita al Tour dello scorso anno, quando una condotta di gara tatticamente sconsiderata lo aveva costretto a cedere il gradino più alto del podio. Dagli errori si impara, e lui da quell’errore ha imparato eccome: dà ancora spettacolo, ma ora pare più glaciale e affilato nella sua strategia di gara, più deciso nei suoi attacchi. Quasi fosse in missione, quasi volesse rivendicare il primato e affermare con prepotenza di essere il vero numero uno. Come se ce ne fosse ancora il bisogno.

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venerdì 18 Ottobre 2024